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22 Febbraio 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – L’inflazione a gennaio è stata confermata in calo a 0,9% a/a (da 1,1% precedente secondo l’indice nazionale e da 1,2% in base all’armonizzato).
Nel mese i prezzi sono saliti di un decimo sul NIC e scesi di -1,7% sull’IPCA (che tiene conto dei saldi invernali), confermando la lettura preliminare.
Sull’indice nazionale, le maggiori pressioni al rialzo sono venute dagli alimentari e dalle spese per abitazione, acqua, elettricità e combustibili (entrambi i capitoli sono stati rivisti al rialzo a +1% e +0,9% m/m rispettivamente), mentre sono calati come da prima stima i listini nei trasporti (-1,4% m/m), sulla scia dei ribassi dei carburanti. L’inflazione di fondo è stata anch’essa confermata, a 0,5% a/a da 0,6% precedente. In prospettiva, pensiamo che il CPI possa oscillare attorno all’1% nei prossimi mesi.

GERMANIA – La seconda stima conferma che il PIL tedesco non è cresciuto nei mesi finali del 2018 dopo la contrazione di -0,2% t/t del 3° trimestre (rivista al ribasso da -0,1%).
Su base annua, la crescita è frenata a 0,6% a/a da un precedente 1,2% a/a. Il dettaglio mostra un contributo positivo della domanda domestica, con una crescita ancora solida degli investimenti fissi ed in particolare delle costruzioni (+1,3%), una variazione modesta dei consumi (+0,2% t/t) e una dinamica sostenuta della spesa pubblica (+1,6% t/t). La domanda estera invece non ha contribuito alla crescita complessiva. Manteniamo una previsione di crescita di +0,2% t/t nei primi mesi del 2019 ma le indicazioni dei dati recenti sono poco incoraggianti. In media annua, il PIL tedesco nel 2018 è cresciuto dell’1,4%, e dell’1,5% con la correzione per gli effetti di calendario; nel 2019 ci aspettiamo una crescita dell’1,0%.

FRANCIA – L’indice di fiducia presso le imprese manifatturiere elaborato dall’INSEE è rimasto stabile a febbraio a 103, al di sopra della media storica. Le attese erano per un nuovo cedimento.
La tenuta del morale a febbraio registrata da INSEE è confermata anche dalla stima preliminare del PMI manifatturiero francese di febbraio, che sale da 51,2 a 51,4, oltre le attese di consenso (51,0).
L’indagine INSEE di febbraio mostra una risalita dell’attività corrente (specialmente nei beni intermedi, meno nel comparto dei trasporti) ma un calo dell’attività attesa, mentre il livello della domanda rimane negativo e simile a quello di gennaio (più a causa della domanda interna che di quella estera, che infatti migliora rispetto a gennaio).
Il livello delle scorte è indicato in aumento, mentre le prospettive di nuove assunzioni di personale sono ferme sulla media storica. La lettura congiunta di INSEE e PMI sembra indicare che la fase di rallentamento del manifatturiero francese vista tra dicembre e gennaio potrebbe essere in via di conclusione, anche se è ancora presto per dirlo con certezza.

AREA EURO – Il PMI composito recupera marginalmente a febbraio, ma l’industria continua a contrarsi. Il PMI composito della zona euro è rimbalzato a febbraio da 51,0 a 51,4, in linea con le nostre stime ma più forte del consenso. L’aumento di febbraio è il primo dopo cinque mesi di continui cali. Il PMI composito è migliorato anche in Germania (salendo da 52,1 a 52,7) e in Francia (da 48,2 a 49,9).
La disaggregazione settoriale conferma però che l’industria si contrae, poiché l’indice PMI manifatturiero è sceso da 50,5 a 49,2, frenato dalla caduta dell’indice tedesco a 47,6. Quel che più conta è che non ci sono indicazioni di un rimbalzo a breve termine dato che i nuovi ordini sono scesi a 42,6 da 44,9 con gli ordini all’export in calo a 42,3 da 46,5. Sorprendentemente, il settore industriale francese sta reggendo molto meglio, con l’indice PMI che sale a 51,4 da 51,2.
Il PMI dei servizi è avanzato in Germania a 52,7 (da 52,1) e ha recuperato parte dei cali dei mesi precedenti in Francia, salendo di due punti a 49,8.
L’indebolimento dell’attività dei servizi osservata a fine anno si sta dimostrando temporaneo.
In Francia, gli effetti delle proteste dei gilet jaune sull’attività nei servizi stanno rientrando. Un elemento positivo che emerge dall’indagine di febbraio è che l’indice sull’occupazione composito della zona euro è migliorato a febbraio da 52,4 a 53 (principalmente per una maggiore crescita dell’occupazione nei servizi).

STATI UNITI – I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 16 febbraio scendono a 216 mila, da 239 mila della settimana precedente. I dati riguardano la settimana di rilevazione dell’employment report e confermano che gli effetti dello shutdown stanno rientrando, mentre il mercato del lavoro continua a marciare a pieni giri.

STATI UNITI – L’indice della Philadelphia Fed a febbraio cala a -4,1 (da 17 di gennaio), primo dato negativo da maggio 2016.
Lo spaccato dell’indagine è ugualmente debole per i sotto-indici relativi all’attività: ordini a -2,4 (da 21,3) e consegne a -5,3 (da 11,4).
Invece le componenti occupazione e settimana lavorativa sono sempre positivi (a 14,5 e 4,7, rispettivamente). Gli indici a sei mesi restano intorno ai livelli medi dell’ultimo semestre e non danno indicazioni di particolare preoccupazione da parte delle imprese, segnalando invece stabilità nel ritmo di espansione atteso della spesa per investimenti, degli ordini e delle consegne, e solo un modesto rallentamento per quanto riguarda l’occupazione.
Per quanto riguarda i prezzi, l’indice dei prezzi pagati cala di 11 punti a 21,8, mentre quello dei prezzi ricevuti aumenta di 3 punti a 27,7.
Le domande speciali del mese riguardano le previsioni di prezzi e salari nel prossimo anno.
La previsione mediana della variazione dei prezzi di vendita è di 2,9% e quella dei salari di 3%, in linea con l’indagine condotta tre mesi prima. Le imprese invece prevedono un’inflazione media annua di 2,3%, da 3% dell’ultima indagine. Anche le previsioni a 10 anni registrano una limatura a 2,5% (da 3%).
Le indicazioni dell’indagine sono meno negative di quanto indichino gli indici coincidenti, vista la persistente fiducia in una crescita positiva nei prossimi trimestri. Sugli indici coincidenti potrebbero pesare gli effetti del maltempo e dello shutdown, anche se è innegabile che la crescita stia rallentando rispetto alla seconda metà del 2018.

STATI UNITI – Gli ordini di beni durevoli a dicembre sono in aumento di 1,2% m/m, dopo 1% m/m di novembre.
Gli ordini al netto dei trasporti sono deboli, con una variazione di solo 0,1% m/m, dopo -0,2% m/m di novembre, frenati dal comparto difesa. Gli ordini al netto di trasporti e difesa aumentano di 1,8% m/m.
Gli ordini di beni capitali sono in aumento di 2% m/m, ma al netto di difesa e aerei flettono di -0,7% m/m, secondo calo consecutivo; all’interno dell’aggregato sono in rialzo autoveicoli e componenti, ma in calo i macchinari e le apparecchiature elettriche.
La variazione media a tre mesi (ann.) degli ordini di beni capitali ex-difesa registra un calo di -3,4% e dà indicazione di netto indebolimento degli investimenti fissi delle imprese fra fine 2018 e inizio 2019. Le consegne di beni capitali ex-aerei e difesa registrano un aumento di 0,5% m/m.

GIAPPONE – Il CPI a gennaio è in aumento di 0,2% a/a; mentre gli indici al netto di alimentari freschi e al netto di alimentari freschi ed energia sono in rialzo di 0,8% a/a (0,2% m/m) e 0,4% a/a (0,2% a/a), rispettivamente. Su base mensile, i prezzi dei beni sono in rialzo di 0,2% m/m, guidati dall’energia, mentre quelli dei servizi correggono di -0,1% m/m. Il trend dell’inflazione resta stabile e soggetto a rischi verso il basso per via dell’attesa riduzione delle tariffe telefoniche e dei servizi educativi. La Bank of Japan non ha margini per modificare la politica monetaria.

 

COMMENTI:

BCE – I verbali della riunione dello scorso 24 gennaio confermano che il Consiglio era in fase di allerta e di valutazione più approfondita dello scenario macro.
I membri del Consiglio erano generalmente concordi sul fatto che i dati più deboli delle attese fossero dovuti al rallentamento dei flussi commerciali nonché di fattori specifici paese.
L’effetto di alcuni di questi fattori era atteso rientrare, ma si riconosceva un ritmo di crescita più debole, nel breve termine anche rispetto alle stime di dicembre scorso.
Si riconosce che per quanto siano stati per lo più fattori esterni all’area a frenare la crescita, la persistenza del rallentamento sta avendo ripercussioni anche sulla domanda interna. I verbali confermano che il Consiglio valutava che i rischi si fossero ormai spostati verso il basso.
Allo stesso tempo veniva enfatizzato che la crescita per quanto debole rimane positiva e che la probabilità di recessione è bassa.
Il Consiglio era per lo più concorde, però, sul fatto che vi fosse un ampio margine di incertezza riguardo alla futura riaccelerazione.
Ancora una volta i verbali sottolineano che il Consiglio vedeva intatta la relazione tra minore disoccupazione, aumento dei salari e aumento dei prezzi (con un ritardo). Si sottolinea che il calo delle attese di inflazione di mercato sui minimi dal 2017 è in larga misura dovuto all’andamento del prezzo del greggio anche se vi erano preoccupazioni che la tendenza recente potesse diventare persistente.
Il Consiglio era per lo più concorde sul fatto che la politica monetaria fosse ancora ampiamente accomodante e che avesse contribuito ad arginare gli effetti della crescente incertezza. Vi era un ampio consenso sul fatto che condizioni finanziarie accomodanti, i miglioramenti del mercato del lavoro, della dinamica occupazionale e l’accelerazione dei salari, insieme al basso prezzo del petrolio avrebbero sostenuto la crescita del PIL euro zona.
La “key question” era se il rallentamento recente si sarebbe consolidato nel medio periodo e a riguardo si riteneva opportuno attendere più informazione e l’aggiornamento dello scenario macroeconomico a marzo. Nel complesso, i membri del Consiglio erano per lo più concordi sulla necessità di mantenere un ampio stimolo monetario per garantire il graduale ritorno dell’inflazione al target.
Dai verbali emerge che per il consiglio le decisioni su operazioni di rifinanziamento a più lungo termine non devono essere prese in modo troppo affrettato; allo stesso tempo, si fa esplicita menzione della necessità di accelerare “l’analisi necessaria a preparare le opzioni per future operazioni di liquidità”.

USAClarida (vice-presidente Fed) ha detto che i tassi potrebbero salire ancora un po’, ma non è sicuro. Secondo Clarida ci sono scenari in cui sarebbe appropriato avere tassi più alti, ma altri scenari in cui “non alzeremmo affatto i tassi”, sottolineando che ora la Fed ha anche meno dati del normale per via dello shutdown.
Bullard (St Louis Fed) ha invece ribadito che lo scenario centrale è di tassi fermi e che, anzi, il rialzo di dicembre a suo avviso è stato un errore.
Bostic (Atlanta Fed) ha detto che i tassi sono ora vicini alla neutralità perciò la Fed deve essere molto attenta a non diventare troppo restrittiva. Bostic ha detto che non sarebbe prudente dare indicazioni su un sentiero dei tassi n una fase di incertezza così elevata come quella attuale. Tuttavia il presidente dell’Atlanta Fed ha anche notato che se il tasso di disoccupazione scende molto al di sotto del livello sostenibile, si può creare una situazione di pressione sull’economia e sui salari: a suo avviso siamo vicini a questo quadro. Gli interventi dei partecipanti al FOMC riflettono l’incertezza sull’evoluzione dei rischi e, come emerso dai verbali, danno indicazioni marginalmente diverse riguardo al sentiero atteso per i tassi.

 

L’indice del dollaro è rimasto circa stabile ieri, con il biglietto verde che mantiene un movimento laterale contro euro nonostante il dato preoccupante del PMI manifatturiero dell’eurozona.

La sterlina anch’essa in movimento laterale contro USD, con volatilità assai ridotta ieri, così come contro euro, sebbene ci sia stato più movimento, il cross vede una marginale risalita appena sopra a 0,8700.

Lo yen rimane stabile contro dollaro, anche qui con volatilità giornaliera assai debole.

 

MARKET MOVERs:

ITALIAFitch annuncerà oggi il suo giudizio sul rating dell’Italia (attualmente BBB). Possibili reazioni di mercato soprattutto in caso di downgrade con mantenimento dell’outlook negativo che però non riteniamo lo scenario più probabile.

GERMANIA – L’indice IFO è atteso in recupero a febbraio dopo il calo di due punti del mese precedente a 99,1. Ci aspettiamo un modesto recupero delle attese per i prossimi mesi, mentre l’indice sulla situazione corrente è atteso stabile ma ancora al di sopra della media di lungo termine.
Sarà da verificare l’andamento di ordini e scorte nel manifatturiero.

AREA EURO – La seconda stima dovrebbe confermare il calo dell’inflazione all’1,4% a gennaio da un precedente 1,6%, sulla scia della frenata della componente energia.
L’inflazione core dovrebbe essere confermata in aumento di un decimo all’1,2%, in controtendenza con la dinamica stagionale. Nei primissimi mesi ci aspettiamo che l’inflazione si aggiri intorno all’1,5%, e che la dinamica sottostante si muova anch’essa verso l’1,5%.

BELGIO – L’indice di fiducia economica elaborato dalla Banca del Belgio è visto in recupero a gennaio, stimiamo da -1,5 a -0,7.
L’indice per la componente manifatturiera dovrebbe risalire dai minimi registrati tra ottobre e dicembre, proseguendo l’accenno di miglioramento visto a gennaio, mentre costruzioni e commercio al dettaglio si trovano mediamente già su livelli un po’ più positivi.
Nonostante il marcato rallentamento degli ultimi due mesi, l’indice si trova comunque al di sopra della media storica (-7,1).

USA – Negli Stati Uniti non sono in calendario dati in uscita oggi.