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21 Febbraio 2019 – nota economica giornaliera

GERMANIA – L’inflazione è confermata in calo di tre decimi sull’indice nazionale all’1,4% e stabile all’1,7% sull’indice armonizzato. Nei mesi centrali dell’anno, l’inflazione tedesca è attesa frenare, in assenza di un’accelerazione più decisa della componente energia.

ITALIA – La produzione nelle costruzioni è salita moderatamente per il secondo mese a dicembre (+0,2% m/m dopo il +0,6% m/m). Su base annua tuttavia l’output (corretto per gli effetti di calendario) è tornato in territorio negativo, a -1,3% da +0,5% precedente.
Si tratta di un minimo dallo scorso marzo. Nel trimestre autunnale la produzione si è contratta di -0,8% t/t dopo l’aumento di +0,6% t/t visto in primavera ed estate. Pertanto, anche le costruzioni, come l’industria in senso stretto, dovrebbero aver dato un contributo (lievemente) negativo alla crescita del valore aggiunto nel trimestre finale del 2018. La produzione nel settore è in rotta per una sostanziale stagnazione nel trimestre corrente (+0,3% t/t).

Giappone – I dati congiunturali stanno facendo suonare campanelli d’allarme sulla congiuntura giapponese. Dopo i dati deboli della bilancia commerciale di gennaio (export -8,4% a/a, import -0,6% a/a), il PMI manifatturiero a febbraio scende sotto 50 per la prima volta dall’autunno 2016, calando a 48,5 da 50,3 di gennaio. Lo spaccato dell’indagine è omogeneamente negativo, con la produzione a 47 da 49,4 e gli ordini sotto 50. L’indebolimento della domanda internazionale pesa sullo scenario giapponese, che sarà sostenuto fino all’estate dall’aumento della domanda domestica in anticipazione del rialzo dell’imposta sui consumi in autunno. Tuttavia, i rischi di rallentamento marcato dall’autunno in poi potrebbero indurre il governo, in caso di debolezza persistente del manifatturiero, a considerare ulteriore allentamento fiscale.

COMMENTI:

ITALIA – Il ministro dell’economia ha giudicato “prematuro” parlare di eventuale manovra correttiva sui conti 2019 e ha confermato che il DEF (documento di economia e finanza) sarà presentato entro il 10 aprile. In tale occasione saranno anche aggiornate le previsioni economiche. Tria ha anche affermato che non è prevista una rinazionalizzazione di Alitalia, per la quale “la soluzione non può che essere di mercato”.

BCE – I verbali della riunione dello scorso 24 gennaio potrebbero confermare che il Consiglio si è soffermato sulla valutazione del ciclo euro zona rinviando un giudizio definitivo a marzo, quando sarà diffuso l’aggiornamento dello scenario di previsione.
Sarà importante verificare se i membri hanno discusso quando rivedere la guidance sui tassi, ed eventuali scenari avversi che potrebbero portare all’attivazione di altre misure di politica monetaria.
Intanto, ieri, Praet ha dichiarato “che il clima sta cambiando in modo più fondamentale e il rallentamento non può più ritenersi solo transitorio” (cambio di regime nel commercio internazionale e all’incertezza sulle politiche commerciali). Secondo Praetnon siamo ancora in un circolo vizioso ma ci siamo vicini”, riconoscendo che i rischi verso il basso sono aumentati in modo significativo nonostante i fondamentali per la domanda interna euro zona restano solidi.
Le dichiarazioni del capoeconomista BCE sembrano indicare che il Consiglio vede un peggioramento significativo dello scenario di breve termine rispetto anche a dicembre, quando si aspettava una crescita di 1,7% nel 2019 e nel 2020, ma non vede ancora come probabile una recessione.
Pensiamo che il prossimo 7 marzo la BCE potrebbe tagliare le stime di crescita all’1,2% nel 2019 e all’1,5% nel 2020, allineandosi con le stime recenti della Commissione UE.
Quali potrebbero essere le risposte di politica monetaria e in quali condizioni verrebbero attuate?
Lunedì, il capoeconomista della BCE aveva indicato che in caso di ulteriore rallentamento della crescita dai livelli recenti (0,2% t/t su base congiunturale, 1,2% sull’anno) la BCE potrebbe rivedere la guidance sui tassi, che nella formulazione attale indica che i tassi di politica monetaria resteranno sui livelli recenti fin dopo l’estate del 2019. Variazioni alla guidancepotrebbero essere affiancate da altre misure: tra cui nuove operazioni a lungo termine e che “Il Consiglio potrebbe discuterle presto anche se non è scontato che prenderà una decisione già alla riunione del prossimo 7 marzo”. Praet ha aggiunto che l’’APP rimane tra gli strumenti attivabili in caso di rinnovato rischio di recessione deflazione, sottolineando anche che al momento la trasmissione della politica monetaria funziona. Come è stato chiarito da Draghi, la “contingency” cui la BCE risponde con operazioni a lungo termine è proprio la frammentazione del mercato interbancario e la mancata trasmissione dell’impulso di policy.

REGNO UNITO – Nulla di rilevante è emerso dall’incontro di ieri sera fra Juncker e May. Intanto, sia il Partito Laburista, sia quello Conservatore stanno registrando defezioni in parlamento (8 nel primo caso, per motivi soltanto in parte legate a Brexit, 3 nel secondo). Se la premier May manterrà l’allineamento con gli euroscettici, si attendono altre defezioni dai ranghi della maggioranza in vista del voto del 27 febbraio.

STATI UNITI
Daly (San Francisco Fed) ha detto che le redini dell’economia sono più strette di quanto pensasse un anno fa. Con la crescita mondiale più lenta, le condizioni finanziarie più restrittive, molta incertezza e i tassi appena al di sotto della neutralità, la Fed può essere paziente fino a quando si vedranno “o l’inflazione stabilmente al 2% o poco sopra, o altri segni di surriscaldamento in altri mercati”.
Daly ha sottolineato che la revisione generale degli strumenti della politica monetaria ora in corso alla Fed è opportuna, dato che la probabilità di trovarsi ancora al limite dello zero per i tassi è aumentata.

– I verbali della riunione del FOMC di gennaio, come atteso, danno informazioni su due fronti: la pausa sui tassi e i programmi per la politica del bilancio
(a) Scenario dei tassi: dai verbali appare uno spostamento verso il basso del sentiero atteso dei tassi, ma non l’indicazione che la pausa di “pazienza e flessibilità” sia definitiva.
Anche se i partecipanti mantenevano una valutazione positiva della congiuntura (crescita sopra il potenziale, occupazione solida, inflazione vicina al 2%), l’aumento dei rischi per lo scenario è stato determinante per iniziare la fase di pausa sui tassi, caratterizzata da un atteggiamentopaziente” e “flessibile”.
Diversi partecipanti” avevano abbassato le loro previsioni di crescita da dicembre, sulla scia delle preoccupazioni per la correzione delle indagini di fiducia, la crescita mondiale (in particolare, Cina ed Europa), la restrizione delle condizioni finanziarie, la riduzione dello stimolo fiscale e gli effetti dello shutdown.
Inoltre, “molti partecipanti” hanno commentato che le pressioni verso l’alto dell’inflazione apparivano più contenute rispetto all’anno scorso, nonostante l’eccesso di domanda sul mercato del lavoro e l’aumento del costo degli input.
Diversi partecipanti” hanno anche notato che la curva dei rendimenti era “insolitamente piatta”, condizione in passato associata “con un deterioramento della performance macroeconomica futura”.
Un certo numero di partecipanti si diceva preoccupato della volatilità sui mercati finanziari e dell’accresciuta avversione al rischio.
Per via della diffusa incertezza, “molti partecipanti” non avevano un’idea chiara su quali aggiustamenti all’obiettivo dei fed funds potranno essere appropriati più avanti nell’anno e fra questi, “diversi partecipanti” ritenevano che altri rialzi dei tassi potranno “rivelarsi necessari solo se i dati di inflazione saranno più elevati dello scenario di base”. Ma “diversi altri partecipanti” segnalavano che, con un’evoluzione in linea con le attese, “riterrebbero appropriato alzare l’obiettivo dei fed funds più avanti nell’anno”. In particolare, “molti partecipanti hanno osservato che, se l’incertezza recedesse, il Comitato dovrebbe rivalutare la caratterizzazione della politica monetaria come “paziente” e potrebbe quindi adottare un linguaggio differente nel comunicato”.
Dall’aritmetica che emerge da questi paragrafi, sembra che il numero di partecipanti che ritiene un po’ più probabile attuare altri rialzi sia maggiore rispetto a chi vuole vedere maggiore inflazione per considerare altri rialzi.
Il mercato non crederà probabilmente a questo messaggio, ma il quadro delle opinioni dei partecipanti al FOMC sembra essere ancora un po’ più favorevole a qualche rialzo che a una pausa perenne.
(b) Bilancio: come e quando sarà modificato il programma di riduzione del portafoglio?
Dalla lunga discussione sulla politica del bilancio emerge un diffuso consenso sulla opportunità di mantenere un regime di gestione dei tassi con un elevato livello di riserve in eccesso.
Questa scelta implica che ormai la politica di riduzione del portafoglio titoli sia vicina alla fine: “quasi tutti i partecipanti” concordavano sull’opportunità di annunciare la fine della riduzione del bilancio in tempi brevi (“before too long”). Vi era l’opinione condivisa sul fatto che le riserve debbano essere un po’ al di sopra del livello desiderato, per avere del margine nella gestione della politica monetaria. Lo staff ha presentato delle opzioni per ridurre il calo delle riserve (scese a 1,6 tln da 2,8 tln di ottobre 2014): “terminare la riduzione dello stock di titoli in qualche momento della seconda metà di quest’anno e successivamente mantenere la dimensione del portafoglio SOMA costante per un periodo, in modo che il livello medio delle riserve scenda a un ritmo molto graduale in linea con il trend di crescita delle altre passività della Federal Reserve” (in particolare, del circolante, vedi C. Manenti, Bilancio Fed: “normalizzazione” molto vicina, Interest Rate Strategy 20/2/2019).
Successivamente, sarebbe efficiente rimuovere il limite per la riduzione dei titoli delle agenzie, aumentando progressivamente l’ammontare di Treasury detenuti, in base al sentiero del circolante e alle scadenze di MBS.
(c) Conclusioni: la durata della pausa dipenderà davvero dall’evoluzione delle informazioni, e la riduzione del portafoglio titoli si avvicina alla fine.
In conclusione, dai verbali emerge il consenso sulla fase attuale di pausa sui tassi, soggetta all’arrivo di informazioni sui fattori di rischio che hanno pesato sullo scenario da fine 2018. La pausa per ora non appare definitiva, ma soggetta a modifiche man mano che si chiarisce l’evoluzione dello scenario.
Sul bilancio, già alla prossima riunione potrebbe essere annunciato un piano di svolta rispetto al programma attuale di disinvestimenti, con l’obiettivo di avere probabilmente riserve in eccesso intorno a 1,3 tln di dollari, un portafoglio a regime composto solo da Treasury e un ritorno agli acquisti di debito federale probabilmente già dal 2020, con un sentiero determinato dal trend del circolante.

 

L’indice del dollaro si è leggermente rafforzato (+0,1%) in un contesto di scarsa volatilità e dopo la diffusione dei verbali del FOMC di gennaio, che, come atteso, danno informazioni su due fronti: la pausa sui tassi e i programmi per la politica del bilancio.

L’euro ha ceduto lo 0,2% contro dollaro e scambia ora a 1,1335 dopo le parole del capo economista della BCE, Praet, che ieri ha dichiarato “che il clima sta cambiando in modo più fondamentale e il rallentamento non può più ritenersi solo transitorio”.

La sterlina ha ceduto lo 0,3% contro dollaro dopo il balzo di martedì, mentre contro euro è rimasta stabile appena sotto 0,8700. L’incontro di ieri tra Theresa May e Juncker è stato definito “costruttivo” dal Presidente della Commissione.

Lo yen ha ceduto lo 0,2% contro dollaro e scambia ora a 110,80. Il dato di PMI manifatturiero di febbraio uscito inaspettatamente sotto 50 (48,5) e il dato negativo della bilancia commerciale di martedì stanno contribuendo a indebolire lo yen dopo le parole di Kuroda della settimana scorsa (ora a -1,7% contro dollaro da inizio mese).

Il dollaro australiano crolla (-1,3%) contro USD dopo l’annuncio che il porto cinese di Dalian sarà chiuso all’importazione di carbone australiano (primo bene per volumi esportato dall’Australia).
Oltre a ciò, era stato già diffuso un commento del Governatore della RBA, Lowe, secondo cui la banca centrale starebbe valutando se tagliare il cash rate almeno due volte quest’anno (agosto e novembre) nonostante sia già fermo ai minimi a 1,5% da agosto 2016

 

MARKET MOVERs:

ITALIA – La seconda stima dovrebbe confermare l’inflazione in calo a gennaio, a 0,9% a/a (da 1,1% precedente secondo l’indice nazionale e da 1,2% in base all’armonizzato).
Nel mese i prezzi dovrebbero essere confermati in salita di un decimo sul NIC e in calo di -1,7% sull’IPCA (che tiene conto dei saldi invernali). Nel mese, le maggiori pressioni al rialzo sono venute dagli alimentari e dai rincari sul gas, mentre sono calati i prezzi dei carburanti.
L’inflazione di fondo dovrebbe essere confermata anch’essa in discesa, a 0,5% a/a da 0,6% precedente.
In prospettiva, stimiamo un’inflazione media 2019 non lontana dai valori correnti, all’1%. Ci aspettiamo un ulteriore calo nei prossimi mesi, seguito da un rimbalzo nella seconda metà dell’anno.

AREA EURO – Ci aspettiamo un ritorno del PMI composito a 51,4 a febbraio dopo il calo a 50,7.
Si tratterebbe del livello di dicembre scorso. In particolare, ci aspettiamo un recupero dei servizi.
Altresì, il PMI manifatturiero è visto poco variato dal momento che difficilmente sarà rientrata la debolezza della domanda estera. In Germania il PMI composito è atteso a 52,5 da 52,1 su un recupero del manifatturiero a 51,2 da 49,9 e dei servizi a 53,4 da 53,1.
In Francia, il PMI composito dovrebbe tornare a 48,3 da 47,9 su un recupero dell’indice per i servizi di circa un punto a 48,4 da 47,5, mentre il PMI manifatturiero dovrebbe rimanere invariato a 51,2.

FRANCIA – L’indice di fiducia presso le imprese manifatturiere elaborato dall’INSEE è atteso in calo a febbraio. A inizio d’anno il morale del comparto dovrebbe essere marginalmente peggiorato specialmente nei settori aeronautico, chimico e metallurgico.
La produzione industriale è rimbalzata a dicembre ma tra gennaio e febbraio prevediamo un calo dell’attività, seguito da una ripresa da marzo.
La seconda lettura dovrebbe confermare che i prezzi al consumo sono calati a gennaio di -0,5% m/m sull’indice nazionale e di -0,6% m/m sull’indice armonizzato per effetto della frenata dei prezzi dei prodotti manufatti e dell’energia. L’inflazione annua dovrebbe rallentare di quattro decimi a 1,2% da 1,6% sull’indice nazionale e di cinque decimi a 1,4% da 1,9% su quello armonizzato. Nei prossimi mesi l’inflazione francese è prevista accelerare solo marginalmente.

STATI UNITI
– L’indice della Philadelphia Fed a febbraio è previsto a 12 da 17 di gennaio. L’indagine a gennaio aveva segnato un miglioramento per l’indice generale e per gli ordini, ma rallentamenti per occupati e consegne rispetto al mese precedente. A febbraio potrebbe esserci un effetto negativo legato al maltempo di inizio mese, ma nell’insieme l’indagine dovrebbe dare indicazioni moderatamente positive, di prosecuzione della crescita a un ritmo moderato.
– Gli ordini di beni durevoli di dicembre (prel.) dovrebbero registrare un aumento, dopo +0,7% m/m di novembre. Al netto dei trasporti, gli ordini sono previsti in rialzo di 0,5% m/m. Gli ordini della difesa dovrebbero rallentare dopo un dato forte a novembre. Gli ordini di beni capitali al netto di difesa e aerei sono previsti in ripresa, dopo una serie di dati deboli visti dall’estate in poi (con l’eccezione di ottobre) e con indicazioni ancora miste per le prospettive degli investimenti fissi non residenziali nel 1° trimestre.
– Le vendite di case esistenti a gennaio dovrebbero essere solo in marginale rialzo a 5 mln, senza un recupero significativo dopo la forte correzione di fine anno. Il maltempo potrebbe aver inciso negativamente a inizio 2019, e le indicazioni dei contratti di compravendita continuano a essere negative, con un persistente trend verso il basso. Le scorte di case invendute sono in modesto calo da ottobre.