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16 Dicembre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – La Banca d’Italia ha diffuso le proprie proiezioni macroeconomiche per l’economia italiana nel quadriennio 2019-22, elaborate nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema ai fini delle proiezioni per l’area euro che sono state rese note dopo la riunione del Consiglio direttivo della BCE (le proiezioni sono basate sulle informazioni disponibili al 19 novembre per la formulazione delle ipotesi tecniche, e al 25 novembre per i dati congiunturali). Rispetto alle precedenti proiezioni, pubblicate nel Bollettino economico di luglio, la banca centrale ha rivisto marginalmente al rialzo la stima per il 2019, a 0,2%, ma ha tagliato le previsioni per il 2020-21 (a 0,5% e 0,9% rispettivamente); la ripresa è attesa proseguire poi nel 2022, a un ritmo di 1,1% (c’è da precisare però che lo scenario per il 2021-22 non incorpora gli effetti dell’aumento delle imposte indirette previsto dalle clausole di salvaguardia). Il taglio delle stime di crescita per il 2020-21 è dovuto ad una più accentuata debolezza del quadro internazionale, solo in parte compensata dallo stimolo proveniente dai più bassi tassi di interesse. Per il 2020, Via Nazionale vede una accelerazione dei consumi (da 0,5% a 0,8%) a fronte di un marcato rallentamento degli investimenti (da 3,1% a 0,4%). Nello scenario Bankitalia, l’inflazione recupererebbe ma solo moderatamente nel prossimo triennio (a 0,7% nel 2020, 1,1% nel 2021 e 1,3% nel 2022); il profilo previsivo è stato rivisto al ribasso per tutto l’orizzonte di previsione. Le nostre attuali previsioni sono più caute di quelle della Banca d’Italia per tutto il triennio 2020-22.

STATI UNITI – Le vendite al dettaglio a novembre deludono le aspettative, con una variazione di 0,2% m/m, contro previsioni di consenso di 0,5% m/m. Le vendite sono spinte dal comparto auto, che segna un incremento di 0,5% m/m, inferiore a quanto previsto sulla base dei risultati forti visti con i dati dei concessionari. Al netto delle auto, le vendite sono in marginale rialzo di 0,1% m/m. Il comparto benzina contribuisce positivamente alle vendite totali, segnando un incremento di 0,7% m/m. Diverse voci registrano debolezza (sanità, -1,1% m/m; abbigliamento, -0,6% m/m; ristorazione, -0,3% m/m). L’aggregato al netto di alimentari, benzina auto e materiali da costruzione è in aumento di 0,1% m/m.
I dati di ottobre registrano una revisione verso l’alto di 0,1% m/m, ma per settembre la correzione stimata inizialmente (-0,1% m/m) è rivista a -0,4% m/m. Nel complesso i dati, più moderati delle attese, segnalano che i consumi nel quarto trimestre dovrebbero essere in crescita a un ritmo vicino al 2% t/t ann.

CINA – La produzione industriale è salita del 6,2% a/a in novembre da 4,7% a/a in ottobre, grazie al rimbalzo della produzione delle imprese private dell’8,9% a/a dal minimo del 5,4%a/a registrato in ottobre che ha più che compensato il rallentamento della produzione delle imprese statali. In termini cumulati la produzione è rimasta stabile a 5,6% a/a da agosto. La dinamica degli investimenti fissi nominali è rimasta ferma a 5,2% cum. a/a in novembre. Alla stabilità degli investimenti privati si è accompagnata una crescita ancora sostenuta ma in marginale decelerazione degli investimenti immobiliari (+10,2% cum. a/a in novembre da 10,3% in ottobre), in particolare in edilizia residenziale (14,4% a/a in novembre da 14,6% a/a in ottobre), e un moderato rallentamento degli investimenti delle imprese statali e di quelli in infrastrutture. La dinamica delle vendite al dettaglio ha riaccelerato a 8,0% a/a da 7,2% a/a in ottobre in termini nominali ma è rimasta stabile in termini reali (4,9% a/a). Le vendite di auto continuano a scendere in termini tendenziali (-4,2% a/a) anche se a un ritmo inferiore rispetto ai mesi precedenti grazie ad un miglioramento dell’andamento mensile. Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato a 5,1% mentre la fiducia dei consumatori rilevata da Unionpay è lievemente scesa. I dati di novembre sono stati nel complesso superiori alle attese ma i segnali di rallentamento nel mercato immobiliare sono destinati a permanere e a riflettersi sulla dinamica generale degli investimenti nei prossimi mesi.

 

COMMENTI:

ITALIA – È atteso il voto sulla manovra economica al Senato, su cui il governo dovrebbe porre la fiducia. Le modifiche dell’ultim’ora hanno visto tra l’altro un alleggerimento e un rinvio a luglio della plastic tax, uno slittamento a ottobre della sugar tax e un sostanziale azzeramento della stretta sulle auto aziendali. Dopo l’uscita dal Movimento 5 Stelle di 3 senatori, i numeri sono assai risicati: le forze di governo possono disporre di 161 seggi (101 M5S, 36 PD, 17 Italia Viva, 5 LEU, 2 MAIE), appena uno in più della maggioranza richiesta. A questi vanno aggiunti alcuni voti dal gruppo delle Autonomie e dal gruppo misto (in sede di fiducia furono rispettivamente 4 e 3). Nel pronunciamento sulla riforma del MES l’11 dicembre scorso, i voti a favore del governo sono stati 165 (inclusi 7 dalle Autonomie e 5 dal gruppo misto). Pensiamo che il rischio di caduta del governo sulla manovra sia relativamente contenuto, tuttavia un margine di voti così risicato pone dei dubbi sulla tenuta della maggioranza su un orizzonte di tempo più lungo.

STATI UNITI Raggiunto un accordo per la “fase 1” delle trattative commerciali con la Cina. Per ora sono state fornite solo indicazioni generali dell’intesa, senza dettagli precisi.
Il rappresentante al commercio Lighthizer ha affermato che dovrebbe siglare l’accordo insieme al vice-premier cinese Liu He a inizio gennaio, con l’entrata in vigore prevista 30 giorni dopo.
Entrambe le parti hanno segnalato che I negoziati proseguiranno sui temi non inclusi nella fase 1, ma non hanno dato indicazioni chiare sui tempi riguardo alle trattative per la fase 2.
Trump ha detto che I negoziati saranno rinviati a dopo le elezioni presidenziali, mentre la Cina sembra intenzionata a proseguire le trattative in tempi più ravvicinati.
I punti principali dell’accordo per la fase 1, secondo quanto comunicato finora, sono i seguenti:
• Gli USA non attueranno il rialzo dei dazi programmato per il 15 dicembre su 156 mld di importazioni dalla Cina (prevalentemente beni di consumo) e dimezzeranno i dazi imposti a inizio settembre su circa 120 mld di import, dal 15% al 7,5%.
• La Cina aumenterà gli acquisti di prodotti agricoli di 32 mld nei prossimi due anni. Secondo il rappresentante al commercio Lighthizer, in questo modo gli acquisti totali di prodotti agricoli da parte della Cina dovrebbero toccare i 40 mld di dollari, con l’obiettivo di portarli a 50 mld all’anno.
Lighthizer ha indicato che questi acquisti sarebbero parte di un obiettivo di maggiori esportazioni complessive verso la Cina di 200 mld in due anni.
La mancanza di un testo dettagliato dell’accordo lascia aperti molti interrogativi, rafforzati dalla mancanza di una comunicazione omogenea dalle due parti.
Prima di tutto, l’ammontare degli acquisti di prodotti agricoli indicato dalle fonti americane sarà difficile da raggiungere, dato che sarebbe pari a circa il doppio degli acquisti agricoli precedenti l’inizio della guerra commerciale.
Inoltre, la Cina rimane intenzionata a non siglare accordi che violino i vincoli del WTO e su questo fronte non c’è chiarezza. Lighthizer ha indicato che la Cina ha preso impegni su altri temi di rilievo (difesa della proprietà intellettuale, trasferimento di tecnologia).
Dal lato cinese, il vice ministro del commercio ha dichiarato che gli USA hanno concordato di ridurre i dazi in essere in fasi successive, ma il rappresentante USA ha affermato che non ci sono impegni al riguardo.
L’accordo ha l’indubbio effetto positivo di bloccare l’escalation dei dazi, congelando il rialzo previsto per il 15 dicembre, e di mettere in pausa la guerra commerciale fra I due paesi nel periodo pre-elettorale. Questo riduce i rischi per il 2020.
Tuttavia, i dettagli ancora mancanti e le differenti versioni delle due parti riguardo all’accordo, oltre all’incertezza sulla fase 2, sottolineano la fragilità della tregua attuale. In termini di effetti sullo scenario economico del 2020, la riduzione dell’incertezza di breve termine è certamente un punto favorevole, mentre le implicazioni dell’aumento atteso dall’amministrazione USA dell’export verso la Cina sono probabilmente quasi nulle per il prossimo anno.
Restano incerte le implicazioni dell’accordo per gli investimenti delle imprese, dato che i negoziati con la Cina sui temi più controversi saranno congelati, senza visibilità in termini di linee generali della politica commerciale.
Quindi, a nostro avviso, l’accordo per la fase 1 rimuove un rischio per il 2020 (escalation dei dazi), ma non per il medio termine, limitando così eventuali effetti positivi per la crescita.
In questa ottica, l’accordo fra Congresso e amministrazione sull’USMCA (il nuovo NAFTA) raggiunto nei giorni scorsi è diverso e può dare invece indicazioni positive per le decisioni di investimento delle imprese, dato che conclude il processo negoziale con Canada e Messico.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso la settimana al ribasso sull’esito del FOMC e sull’apprezzamento post-elezioni della sterlina, ma ha parzialmente recuperato nella giornata di venerdì sulla notizia di un accordo iniziale tra USA e Cina che prevede la riduzione di una serie di dazi su prodotti cinesi in cambio di maggiori acquisti da parte della Cina di prodotti agricoli statunitensi.
La settimana entrante propone tra i vari dati l’indice Empire, oggi, e la produzione industriale domani, attesi entrambi in miglioramento, insieme a numerosi discorsi Fed. A meno di delusioni dai dati il dollaro dovrebbe smettere di scendere e riuscire a recuperare almeno parte delle perdite della settimana scorsa.

EUR – L’euro ha chiuso la settimana al rialzo sul calo post-FOMC del dollaro e per correlazione positiva con la sterlina dopo le elezioni britanniche, passando da un minimo di 1,1050 a un massimo di 1,1199 EUR/USD, ma ha fatto marcia indietro nella giornata di venerdì, chiudendo a 1,1119 EUR/USD, ben al d sotto della resistenza chiave di 1,1170 che delimita il fronte ribassista.
Tale dinamica conferma ancora una volta la sostanziale assenza di spunti di forza della moneta unica, suggellata dell’esito della riunione BCE, che ha ribadito la necessità che la politica monetaria rimanga molto accomodante a lungo.
La settimana entrante propone tra i vari dati i PMI dell’area oggi, l’IFO tedesco mercoledì e la fiducia dei consumatori venerdì, tutti attesi in leggero miglioramento. A meno di sorprese eclatanti da questi dati – o di delusioni significative dagli USA – l’euro dovrebbe mantenersi in range (1,10-1,11 EUR/USD). In programma anche alcuni discorsi BCE, tra cui Lagarde mercoledì.

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana al rialzo sull’esito delle elezioni inaugurando nuovi massimi dell’anno sia contro dollaro, rispetto al quale è salita da 1,31 a 1,35 GBP/USD, sia contro euro rispetto al quale è salita da 0,84 a 0,82 EUR/GBP. Nel corso della giornata di venerdì, dopo la reazione rialzista d’impatto post-voto, parte dei guadagni è stata riassorbita e il cambio ha chiuso a 1,33 GBP/USD e 0,83 EUR/GBP. Questo non smentisce l’effetto positivo della rimozione di una buona fetta dell’incertezza su Brexit grazie al risultato elettorale, ma indica semplicemente che ora si apre un’altra forma di incertezza, quella che riguarda i negoziati per il nuovo accordo commerciale con l’UE.
La settimana entrante propone la riunione BoE giovedì e molti dati, per i quali le attese sono nel complesso moderatamente positive: i PMI oggi, i dati sul mercato del lavoro domani, l’inflazione mercoledì, le vendite al dettaglio giovedì e la stima finale del Pil del 3° trimestre venerdì. La BoE lascerà i tassi invariati e potrebbe esprimere una valutazione positiva sulle prospettive dell’economia domestica in relazione all’esito delle elezioni, ma sarà anche interessante vedere se i due esponenti (Haskel e Saunders) che il mese scorso hanno votato per un taglio dei tassi immediato sono rimasti della stessa opinione o meno. Se i dati non deluderanno e la valutazione della BoE sarà favorevole la sterlina dovrebbe riuscire a consolidare.

JPY – Lo yen ha chiuso la settimana al ribasso sia contro dollaro da 108 a 109 USD/JPY sia contro euro da 119 a 122 EUR/JPY, indebolito sia dal ridimensionarsi dell’incertezza su Brexit dopo l’esito delle elezioni sia dagli sviluppi positivi sul fronte USA-Cina. La settimana entrante torneranno a rilevare maggiormente i dati USA, per cui – se non deluderanno – lo yen dovrebbe mantenersi sulla difensiva. La riunione BoJ di giovedì non apporterà modifiche di policy ma confermerà la disponibilità a fornire nuovo stimolo qualora si rendesse necessario a fronte di un eventuale deterioramento dello scenario.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Ci attendiamo che la stima flash del PMI manifatturiero mostri in dicembre un leggero incremento da 46,9 di novembre a 47,6. È atteso, quindi, un nuovo aumento, anche se l’indice dovrebbe restare per l’undicesimo mese in territorio recessivo.
Lo spaccato dell’indagine di novembre fa pensare a una possibilità di una ulteriore ripresa dell’indice, alla luce della dinamica dei nuovi ordini e dell’occupazione. Il rialzo è collegato soprattutto alla ripresa prevista per l’indice tedesco, mentre quello francese potrebbe rimanere fermo o calare dal 51,7 di novembre a causa degli scioperi di questi giorni, anche se l’impatto dovrebbe essere più marcato nel caso dei servizi. Per quanto riguarda l’indice PMI dei servizi, dovrebbe aumentare a 52,2. Ci attendiamo un leggero miglioramento dell’indice dei servizi tedesco mentre quello francese potrebbe restare fermo o calare. Il PMI composito migliorerà da 50,6 a 51,1.

ITALIA – La seconda lettura dei dati di inflazione di novembre potrebbe vedere una revisione al ribasso di un decimo sull’indice armonizzato (a -0,2% m/m e +0,3% a/a), per via degli sconti associati al cosiddetto “Black Friday” nella parte finale del mese (il cui peso sugli acquisti totali sembra essere stato superiore a quello degli anni precedenti). L’indice domestico dovrebbe invece essere confermato stabile nel mese e in aumento a 0,4% su base annua; anche l’inflazione di fondo dovrebbe essere confermata, a 1% a/a da 0,7% di ottobre.
Pensiamo che il minimo per l’inflazione possa essere stato toccato a ottobre; tuttavia il CPI rimarrà al di sotto di valori “normali” (e della media Eurozona) ancora per diverso tempo.
Stimiamo un ulteriore lieve aumento a dicembre, ma la media annua anche nel 2020 dovrebbe restare inferiore all’1%.

STATI UNITI – L’indice Empire della NY Fed a dicembre dovrebbe essere poco variato, a 4,5 da 2,9 di novembre, confermandosi all’interno di un intervallo di fluttuazione visto da metà 2019 (2-5). L’indagine a novembre era stata circa stabile rispetto a ottobre, con indicazioni di crescita poco più che stagnante. A dicembre potrebbe esserci un modesto miglioramento legato al rimbalzo post-sciopero di GM, ma il quadro sottostante sembra sempre in linea di crescita marginale.