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09 novembre 2018 – nota economica giornaliera

ITALIA – Nelle stime economiche, la Commissione Europea vede un deficit nominale pari al 2,9% nel 2019 e al 3,1% nel 2020. Ciò è in linea con le indiscrezioni di stampa della vigilia, ed è ormai prassi che la Commissione ignori il trucco delle clausole di salvaguardia introdotte per migliorare le stime per gli anni successivi.
Tuttavia, uno scostamento di mezzo punto rispetto alle stime del governo è comunque notevole. Sorprende ancora di più la stima sul deficit strutturale, visto al 3% nel 2019 e al 3,5% nel 2020, mentre per il governo è all’1,7% per tutto il triennio 2019-21.
In altri termini, il saldo al netto peggiorerebbe l’anno prossimo di ben 1,2%, anziché di 0,8% come stimato dal governo. Conseguentemente, lo scostamento rispetto al miglioramento richiesto (0,6%) sarebbe di 1,8%, anziché di 1,4% come nella recente comunicazione tra Roma e Bruxelles.
Il debito, anziché scendere come nei piani dell’esecutivo, è visto sostanzialmente invariato al 131% del PIL fino al 2020.

STATI UNITI – I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 3 novembre sono stabili a 214 mila, in linea con i 213 mila della settimana precedente. Tutte le informazioni dal mercato del lavoro continuano a segnalare eccesso di domanda da parte delle imprese e un probabile ulteriore calo del tasso della disoccupazione.

CINA – L’inflazione dei prezzi al consumo in ottobre è rimasta a 2,5% a/a, invariata rispetto a settembre.
L’inflazione ha beneficiato in parte di un effetto base favorevole e in parte del calo dei prezzi degli alimentari (-0.3% m/m) dopo due mesi di aumenti mensili sostenuti, bilanciando gli aumenti nel comparto dei trasporti (+0,6% m/m; +3,2% a/a) e in quello dell’abbigliamento. L’inflazione core è salita lievemente a 1,8% a/a (da 1,7% a/a in settembre), rimanendo comunque sui minimi degli ultimi due anni.
L’inflazione dei prezzi alla produzione è scesa a 3,3% in ottobre (da 3,6% a/a), in particolare grazie al rallentamento dei prezzi dei beni del settore manifatturiero e dovrebbe continuare a scendere nei prossimi mesi in linea con il calo del prezzo del petrolio.
La dinamica inflativa rimane quindi contenuta e non pone freni ad un ulteriore allentamento delle condizioni monetarie nei prossimi mesi.

 

COMMENTI:

Secondo Tusk, Presidente del Consiglio Europeo, ci vorrà forse una settimana per un accordo fra UE e Regno Unito.
Intanto la premier May ha bisogno di tempo per garantirsi il più ampio appoggio possibile nel consiglio dei ministri e per ridurre il rischio che l’accordo venga bocciato in parlamento in fase di ratifica.
Il problema è che l’accordo potrebbe essere molto deludente per i fautori di una Brexit dura, in quanto manterrà per lungo tempo il Regno Unito nell’unione doganale UE, ma come rule taker.

Secondo la Commissione Europea, la manovra italiana avrà un impatto sulla crescita più limitato di quello su cui punta il Governo, sia per lo slittamento nell’applicazione di alcune misure e per i colli di bottiglia amministrativi, sia perché l’aumento dei tassi di interesse causerebbe una restrizione delle condizioni finanziarie con possibili effetti sul credito.
Inoltre, la Commissione fa notare che le previsioni sono soggette a rischi verso il basso per quanto riguarda la crescita e rischi verso l’alto su deficit e debito, tra cui quelli derivanti da una possibile salita dei tassi di interesse. La differenza tra le stime del governo e quelle della Commissione è dovuta a diversi fattori:
Ipotesi di crescita meno ottimistiche: la Commissione vede un PIL all’1,1% nel 2018, all’1,2% nel 2019 e all’1,3% nel 2020 (contro l’1,5% l’anno prossimo e l’1,4% nel 2020 attesi dal governo italiano); la Commissione è un po’ più ottimista del consenso di ottobre.
Stime più conservative anche per quanto riguarda l’inflazione: il deflatore del PIL è visto all’1,2% l’anno prossimo e all’1,3% nel 2020 (contro l’1,6% e 1,9% previsti dall’aggiornamento al DEF);
• La Commissione non incorpora nelle sue proiezioni le residue clausole di salvaguardia, che valgono lo 0,7% del PIL nel 2020;
• La differenza nel livello del deficit strutturale è dovuta a differenti stime su PIL potenziale e output gap (quest’ultimo visto a -1,9% nel 2018 secondo Roma, a -0,3% secondo Bruxelles).
Le previsioni configurano quindi una violazione ancor più grave di quanto stimato in precedenza dalle regole europee e sono pertanto tali da rendere estremamente improbabile che l’Italia, a meno di modifiche assai sostanziali alla manovra, possa evitare una procedura di infrazione.
L’unica incertezza è sulla tempistica, che dipenderà evidentemente dalla volontà politica dei membri non solo della Commissione, ma anche dell’Eurogruppo e in ultima analisi del Consiglio Europeo.
Sarà quindi ancora più interessante la pubblicazione del rapporto dello staff della Commissione per capire quali sono i punti deboli individuati dalla Commissione.
Il Governo Italiano ha parlato ieri sera di “défaillance tecnica della Commissione” dovuta a “un’analisi non attenta e parziale del Documento Programmatico di Bilancio”.
I prossimi appuntamenti sono pertanto costituiti dalla pubblicazione dell’opinione della Commissione e delle raccomandazioni agli Stati membri, corredate da un rapporto analitico dello staff, il 21 novembre, e quindi dalla riunione dell’Eurogruppo, il 3 dicembre.

Dagli USA, nessuna novità dalla riunione del FOMC: il comunicato è praticamente una fotocopia di quello precedente, a parte il paragrafo sulla decisione dei tassi correnti.
La valutazione sullo scenario macro riporta crescita occupazionale forte, un tasso di disoccupazione in calo, forte crescita dei consumi e inflazione vicina al 2%.
L’unica variazione è la dinamica degli investimenti fissi non residenziali che è “rallentata” rispetto ai trimestri precedenti. Il testo non dà una valutazione della politica monetaria, ma indica solo che “il Comitato si aspetta che ulteriori graduali aumenti dell’intervallo del tasso dei federal funds sarà coerente con l’espansione sostenuta dell’attività economica”. In sostanza, l’aspettativa è di un rialzo già a dicembre.
Qualsiasi informazione di rilievo emergerà quindi con i verbali, ma nel frattempo sono già in calendario molti discorsi dei banchieri: come già emerso in passato, le opinioni sul livello dei tassi divergono per il 2019 ma Powell potrebbe minimizzare questo aspetto, sottolineando invece che, se lo scenario si rafforzerà ulteriormente e l’inflazione accelererà, “allora potremmo muovere un po’ più rapidamente”, mentre se l’economia o l’inflazione rallenteranno “potremmo muovere un po’ più lentamente”. In conclusione, il silenzio del comunicato non equivale a mancanza di attività nel FOMC.
Per quanto riguarda invece i verbali, in primo luogo ci potrebbe essere qualche indicazione sul prossimo rialzo del tasso sulle riserve e, in secondo luogo, potrebbe riemergere la discussione sul punto di arrivo del bilancio.
La discussione sarà anche legata al sistema di gestione della politica monetaria, per quanto riguarda il livello di riserve: nella gestione precedente la Fed determinava il movimento dei tassi attraverso la variazione della “scarsità” delle riserve.
Il secondo livello di discussione sul bilancio riguarderà il tema più operativo di breve termine relativo al programma di riduzione dei reinvestimenti per il 2019, al ritmo attuale di -50 mld di dollari al mese (30 mld di Treasury e 20 mld di MBS).

 

Anche grazie all’esito delle elezioni di midterm, il cambio effettivo del dollaro ha recuperato terreno, riavvicinandosi ai massimi degli ultimi tre mesi marcati il 31 ottobre.

Volatilità dell’euro in aumento che potrebbe puntare nuovamente pericolosamente verso i minimi a 1,1305 registrati il 31 ottobre.

La percezione che il rischio di hard Brexit si stia riducendo continua a sostenere la sterlina contro euro, anche se contro dollaro pesa la tendenza positiva della moneta americana

Yen in flessione contro dollaro, che ha segnato massimi infragiornalieri a 114,06 nella notte.

Forte movimento della corona svedese, che è balzata di 0,6% contro euro, seguendo i dati di inflazione più robusti, che potrebbero obbligare una riluttante Riksbank a ridurre lo stimolo monetario.

 

MARKET MOVERs:

In Francia oggi la produzione industriale è attesa al ribasso a settembre probabilmente per effetto di una contrazione della produzione manifatturiera.

Negli Stati Uniti sarà diffusa la fiducia dei consumatori rilevata dall’University of Michigan per la stima preliminare di novembre.
Il trend del mercato del lavoro al pieno impiego resta la principale spinta per il clima di fiducia, anche se potrebbe iniziare a giocare un ruolo la volatilità dei mercati e il rialzo dei tassi sui mutui.
Anche le tensioni collegate alla violenza della settimana pre-elettorale (pacchi bomba e attentato nella sinagoga) potrebbero esercitare un’influenza negativa, almeno transitoriamente, mentre le aspettative di inflazione potrebbero confermare l’intervallo degli ultimi due anni.