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08 Maggio 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – Nelle Previsioni Economiche di Primavera, la Commissione ha tagliato la stima di crescita del PIL italiano a 0,1% per l’anno in corso e 0,7% per il 2020 (cifre limate al ribasso di un decimo rispetto alla previsione di febbraio).
Tuttavia, le previsioni sono state redatte con le informazioni disponibili il 24 aprile, cioè prima che fosse diffuso il dato preliminare sul PIL del 1° trimestre.
Infatti dal profilo trimestrale pubblicato nel rapporto si vede che la stima per il 1° trimestre è 0,1% t/t (seguito da 0,1% t/t nel 2° trimestre e 0,2% t/t nei due trimestri successivi). Con lo 0,2% t/t già uscito nel 1° trimestre, mantenendo lo stesso profilo previsivo per i trimestri successivi, la crescita annua risulterebbe pari a 0,3% nel 2019 (e 0,8% nel 2020). A nostro avviso, il PIL potrebbe non crescere nel trimestre corrente, tuttavia è possibile una ripresa nella seconda metà dell’anno all’incirca sugli stessi ritmi visti nei primi tre mesi. Questo scenario è coerente con un’espansione annua di 0,2% (attualmente superiore alle attese di consenso, scese a zero ad aprile).
• Le proiezioni di finanza pubblica (a politiche invariate ovvero senza ipotizzare il rialzo dell’IVA né misure alternative) vedono un deficit al 2,5% quest’anno e al 3,5% l’anno prossimo (le precedenti stime, di novembre, erano 2,9% e 3,1% rispettivamente).
La revisione migliorativa per l’anno in corso è dovuta alle modifiche dell’ultim’ora alla legge di bilancio, che valevano esattamente quattro decimi di punto. Tenuto conto del deteriorarsi del quadro di crescita (che era attesa a 1,2% dalla Commissione a novembre), ci si sarebbe potuti aspettare un numero peggiore: la stima della Commissione è di appena un decimo superiore al target governativo.
Inoltre, il peggioramento rispetto al 2018 è dovuto quasi interamente al ciclo, infatti il disavanzo strutturale peggiora di appena due decimi, come previsto dall’accordo UE-governo dello scorso dicembre (ovvero è invariato tenuto conto della flessibilità di due decimi concessa per circostanze eccezionali).
Insomma, l’andamento non sembra giustificare la richiesta di una manovra correttiva.
• Le maggiori criticità vengono dall’evoluzione del debito (già quest’anno) e del deficit l’anno prossimo. Quest’ultimo è atteso peggiorare a 3,5% in termini nominali e di ben 1,2% in termini strutturali.
La differenza rispetto alle stime del governo è spiegata dalle clausole di salvaguardia (e dalle spese a politiche invariate). In altri termini, solo per ottenere un disavanzo strutturale invariato l’anno prossimo, il governo dovrebbe coprire interamente le clausole, il che appare condizione necessaria per evitare il rischio di una procedura per deficit eccessivo. Ma potrebbe essere non sufficiente: per un pieno rispetto della regola sul saldo strutturale sarebbe richiesto un aggiustamento di +0,6%, ovvero una manovra netta pari all’1,8% del PIL (circa 33 miliardi).
• Ancora più preoccupante la dinamica del debito, che la Commissione ha rivisto al rialzo a 133,7% per quest’anno, e a 135,2% per l’anno prossimo (a novembre il debito era visto poco variato al 131% del PIL nel biennio).
In questo caso, le ragioni degli scostamenti rispetto alle previsioni governative sono due: non solo le clausole, che agiscono dal 2020, ma anche le ipotesi in merito all’ambizioso programma di privatizzazioni (che vale un punto di PIL quest’anno e tre decimi l’anno prossimo).
La Commissione non sembra incorporare proventi da tale programma.
• In sintesi, le nuove previsioni di crescita della Commissione ci sembrano non aggiornate e forse (lievemente) pessimistiche, le proiezioni sulla finanza pubblica delineano un quadro tendenziale non compatibile con il rispetto delle regole UE, ma l’informazione non è particolarmente nuova, in quanto già desumibile dalle stime inserite dallo stesso governo nel DEF.

GERMANIA – La produzione industriale è cresciuta a marzo di 0,5% m/m.
La variazione tendenziale (corretta per i giorni lavorativi ma non destagionalizzata) è stata di -0,9% a/a.
Il trimestre invernale ha chiuso con un aumento di 0,5% t/t della produzione dopo due trimestri in profondo rosso.
Lo scenario di breve termine rimane incerto, con indicazioni poco incoraggianti che continuano ad arrivare dalle indagini e problemi di adattamento delle linee produttive alle mutate condizioni di domanda di autoveicoli. In aumento anche la produzione nelle costruzioni, in questo caso di 1,0% m/m.

CINA – I dati di commercio estero hanno registrato, contrariamente alle attese, un miglioramento dell’import e un peggioramento dell’export, in linea con il miglior andamento degli ordini interni rispetto a quelli esteri in entrambe le rilevazioni dei PMI di aprile.
Le esportazioni sono scese del 2,7% a/a in aprile rispetto ad un aumento del 13,8% a/a in marzo (rivisto al ribasso da 14,2%), con una contrazione delle esportazioni verso gli USA e il Giappone e un netto rallentamento di quelle verso l’area Euro e l’area ASEAN.
Le importazioni sono invece salite del 4,0% a/a dopo quattro mesi di cali tendenziali consecutivi (-7,0% a/a in marzo), grazie soprattutto all’aumento delle importazioni dal Giappone e dall’area ASEAN, mentre l’export dagli USA è rimasto in netta contrazione (-25,7% a/a).
I dai destagionalizzati confermano un contenuto miglioramento delle importazioni che comunque ha beneficiato dell’aumento dei prezzi delle materie prime tra marzo e aprile.
Le importazioni in volume delle principali materie prime sono invece nuovamente rallentate, gettando nuove ombre sulla ripresa della domanda interna.
Le prospettive della domanda estera continuano ad essere deboli nonché legate all’evoluzione dei negoziati tra Cina e USA, più difficili dopo le recenti esternazioni del presidente Trump.

 

COMMENTI:

AREA EURO
– La Francia, assieme all’Italia, è l’unico paese dell’Eurozona dove il rapporto debito/PIL è previsto in crescita nel biennio 2019-20. Tuttavia, diversamente che in Italia, l’incremento previsto in Francia è marginale.
Invece, fra i paesi ad alto debito il saldo strutturale peggiora anche in Spagna, Portogallo e Belgio, per quanto molto meno rispetto all’Italia.
La Commissione Europea prevede che Germania e Olanda, i due maggiori paesi a basso debito e in surplus, usino in parte lo spazio di manovra di cui dispongono sul piano fiscale per sostenere l’economia.
– La Commissione Europea ha rivisto al ribasso di un decimo sia nel 2019 che nel 2020 le stime di crescita per la zona euro all’1,2% e all’1,5%. Le stime sono allineate con le nostre previsioni più recenti.
Le revisioni più ampie rispetto all’autunno riguardano la Germania, dove la crescita per quest’anno è stata rivista a 0,5% da un precedente 1,1%.
La crescita sarà sostenuta ancora dalla dinamica della domanda interna e da un mix di politiche economiche di ampio supporto. Oltre alla politica monetaria anche la politica fiscale sarà di supporto all’economia: il saldo strutturale di bilancio è atteso peggiorare di mezzo punto nel biennio in corso. Secondo la Commissione, il rallentamento economico che si è registrato dall’estate scorsa fino a inizio 2019 è in larga misura legato a fenomeni temporanei e specifici di settore, in primis l’auto ma anche l’elettronica. Il rallentamento del commercio mondiale, stimato al 2,9% nel 2019 (dal 3,8% del 2018), è la causa dell’andamento recente dell’export. La Commissione nota che i rischi restano verso il basso e sono legati all’incertezza su politiche commerciali e Brexit. In caso di rallentamento più marcato, la Commissione indica come opportuno usare più aggressivamente la leva della politica fiscale.

CINA-STATI UNITI – Dopo la conferenza stampa di lunedì, tenuta dal segretario del tesoro Mnuchin e dal rappresentante del commercio Lighthizer, in cui è stata riaffermata la minaccia di alzare al 25% i dazi su 200 mld di importazioni cinesi, la delegazione cinese ha deciso di proseguire con le trattative. Un gruppo di negoziatori di livello intermedio arriverà a Washington oggi e gli incontri riprenderanno giovedì, con un giorno di ritardo rispetto al calendario originale, guidati dal vice-primo ministro Liu He.
Uno dei negoziatori cinesi ha detto che “una guerra commerciale aperta non è nell’interesse di nessuno” e un portavoce del ministero degli esteri ha detto che la Cina è “sincera” nel voler proseguire le consultazioni.
I punti controversi che hanno portato all’aumento di tensioni negli ultimi giorni riguardano principalmente la pubblicazione dei dettagli di un eventuale trattato, che dovrebbe includere impegni da parte cinese a modificare leggi e regolamentazioni per aprire i propri mercati, tutelare le imprese americane e ridurre i sussidi alle imprese statali. Dal lato cinese, l’intenzione era di pubblicare solo un sommario, senza indicare i dettagli per evitare di mostrare una perdita di sovranità legislativa.
È possibile che gli incontri di questa settimana non siano sufficienti a chiudere un accordo, né ad annunciare già una data per un eventuale summit Trump-Xi, tuttavia dovrebbero permettere di bloccare il possibile rialzo dei dazi minacciato da Trump per venerdì 10.

 

Ieri, l’indice del dollaro in lieve calo (-0,3%) nonostante la correzione dei mercati azionari asiatici e americani sempre per effetto dello stallo nei negoziati tra US e Cina sul commercio internazionale. I tassi decennali sui treasury sono rimasti invariati.

L’euro, dopo un iniziale beneficio, ha perso terreno fino a ritornare sul solito livello di 1,1210 dopo l’uscita delle previsioni primaverili della Commissione Europea che hanno rivisto al ribasso le stime di crescita dell’eurozona e Germania e rivisto in peggio le stime sul sentiero della politica fiscale italiana.

La sterlina cede contro dollaro (-0,4%) e contro euro (-0,2%) mentre nel frattempo i colloqui tra May e Corbyn continuano senza che ne siano finora emersi sviluppi decisivi; questo potrebbe indicare che le chance di un accordo sono in calo.
Il leader dei laburisti ha buon gioco a mantenere aperto un canale di dialogo con il Governo per non essere accusato di ostruzionismo parlamentare lasciando al contempo Theresa May nella difficile situazione di cercare trovare un compromesso mentre il tempo stringe.

Lo yen rimane il principale beneficiario del momento di risk-off apprezzandosi anche ieri dello 0,8% contro USD, ormai prossimo al supporto di 110,00 e consistentemente al di sotto della media di lungo termine (111,50).

Tra le commodity currency, il dollaro neozelandese ha ceduto circa lo 0,8% in parte già recuperato stamattina dopo che la RBNZ ha tagliato il cash rate di 25bp  da 1,75% a 1,5%, in linea con le attese di consenso, sulla scia di una crescita stagnante e di un’inflazione persistentemente debole.