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08 Aprile 2019 – nota economica giornaliera

STATI UNITI – L’employment report di marzo è particolarmente importante, dopo la debolezza registrata a febbraio. Gli occupati non-agricoli a marzo aumentano di 196 mila, dopo due mesi estremamente volatili (+312 mila a gennaio, +33 mila a febbraio).
Gli occupati privati crescono di 182 mila (media a 3 mesi: 169 mila).
Nell’industria, i segnali sono misti: manifatturiero, -6 mila (prima correzione in 2 anni), costruzioni, +16 mila, estrattivo, +2 mila.
Nei servizi, la variazione è di 170 mila, (media a 3 mesi: 148 mila), con crescita solida per sanità e istruzione (+70 mila), servizi alle imprese (+37 mila) e ospitalità (+33 mila).
Invece nel commercio al dettaglio gli occupati calano di -12 mila.
L’occupazione rilevata con l’indagine presso le famiglie, tipicamente volatile, cala di -201 mila (media a 3 mesi: -66 mila, media a 6 mesi: +113 mila).
Il tasso di partecipazione corregge a 63% da 63,2% di gennaio e febbraio.
Il tasso di disoccupazione resta a 3,8%, vicino al minimo ciclico e sempre al di sotto della stima del tasso di più lungo termine (mediana Fed: 4,4%). Anche il tasso di disoccupazione allargato a individui marginalmente attaccati alla forza lavoro e occupati part-time per motivi economici, resta a 7,3%, sui minimi dal 2001, confermando la costante riduzione di risorse inutilizzate.
I salari orari aumentano di 0,1% m/m (+3,2% a/a), dopo 0,4% m/m di febbraio. Le ore lavorate sono in rialzo di 0,3% m/m, indicando crescita solida delle retribuzioni.

 

COMMENTI:

ITALIA – Secondo quanto riportato da Reuters e Repubblica, il Documento di Economia e Finanza che sarà pubblicato nei prossimi giorni rivedrà la stima del rapporto deficit/PIL dal 2,0 al 2,4% nel 2019, mentre il rapporto debito/PIL si collocherebbe al 132,6% invece del 130,7% stimato a dicembre.
Per quanto riguarda il 2020, gli obiettivi di deficit e PIL sarebbero fissati rispettivamente a 2,1% e 131,7%.
Il MEF ipotizzerebbe una correzione strutturale di 0,1 – 0,2%, ma deve fare i conti anche con la necessità di sostituire i 23 miliardi di gettito IVA che sarebbero persi qualora (come ripetutamente promesso dai partiti di governo) fosse bloccato l’aumento delle aliquote IVA ora previsto nel gennaio 2020.

BREXIT – Il 10 aprile si terrà una riunione straordinaria del Consiglio Europeo per valutare la richiesta di proroga fino al 30 giugno trasmessa dal Regno Unito.
Il fatto nuovo a supporto della richiesta è l’apertura di negoziati con l’opposizione laburista per trovare una soluzione di compromesso che non richieda modifiche al trattato di recesso. Si attende nei prossimi giorni un’offerta formale del governo al Partito Laburista.
In assenza di proroga, il Regno Unito lascerebbe l’Unione Europea
alla fine della giornata del 12 aprile.

STATI UNITI – Il mercato del lavoro è ormai in una fase matura, caratterizzata da eccesso di domanda e risorse disponibili in calo.
La moderazione della crescita del PIL rispetto al 2018 e la difficoltà a reperire manodopera riportata dalle indagini presso le imprese e dal Beige Book, dovrebbero ridurre la dinamica occupazionale nel 2019 rispetto a quella del 2018 (media 2018: 223 mila, media ultimi 6 mesi: 207 mila).
Una variabile cruciale per l’equilibrio del mercato del lavoro (e per i tassi Fed) sarà la partecipazione.
Con la partecipazione al 63% (media 2018: 62,9%), una crescita di occupati di 197 mila porterebbe il tasso di disoccupazione a 3% a fine anno, in area di potenziale surriscaldamento e di rischi di rialzo dei tassi.
Una crescita di occupati più moderata rispetto al dato di marzo sarebbe positiva per la sostenibilità della ripresa. Per ora, le informazioni disponibili indicano che il mercato del lavoro resta un solido supporto per la crescita.

 

La settimana si è chiusa con volatilità nella media e l’indice del dollaro in calo, venerdì, nonostante l’employment report di marzo sia stato positivo e in linea con le attese dopo la debolezza dei dati di febbraio.

L’euro è rimasto, tra alti e bassi, in linea al livello di apertura e stamattina scambia sempre a 1,1225 in attesa della BCE. Il profilo dell’euro rimane debole per effetto del ridimensionamento delle prospettive di crescita 2019.

La sterlina in attesa di vedere come si concluderà il dossier Brexit ha perso venerdì un altro 0,4% contro dollaro ritornando sotto 1,3100 in riallineamento alla media mobile di lungo termine.
Mentre contro euro, un marginale cedimento sta riavvicinando il cross a 0,8600.

Lo yen continua a rimanere debole contro dollaro sempre sulla scia di un recupero dell’attività in Cina e su un crescente appetito per il rischio. Il limite superiore per ora rimane però il livello di 112,00.

 

MARKET MOVERs:

EUROZONA – Il focus sarà sulla riunione della BCE, sugli sviluppi di Brexit e sulla presentazione del DEF in Italia.
I dati di produzione industriale dovrebbero vedere un deciso ridimensionamento a febbraio dopo il balzo del primo mese dell’anno.
Infine, la seconda stima dell’inflazione di marzo dovrebbe confermare il rallentamento visto sia in Germania sia in Francia.

STATI UNITI – I dati principali della settimana riguarderanno i prezzi di marzo, ma il focus sarà sui verbali della riunione del FOMC di marzo.
Il CPI dovrebbe registrare un aumento, in linea con il trend, ma anche il PPI e i prezzi all’import dovrebbero riaccelerare sulla scia del rialzo del prezzo del petrolio, senza però pressioni inflazionistiche.
Dai verbali della riunione del FOMC dovrebbe emergere un consenso unanime per la fase attuale di “pazienza” sui tassi e per la preparazione alla svolta sul sentiero del bilancio, in linea con la conferenza stampa di Powell e i molti discorsi di queste settimane: la discussione non dovrebbe aver considerato la possibilità di un taglio dei tassi, come invece sconta il mercato.