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07 novembre 2018 – nota economica giornaliera

STATI UNITI – I risultati preliminari del voto delle elezioni midterm sono in linea con i sondaggi: in attesa dello scrutinio degli ultimi collegi (404 seggi assegnati su 435), la maggioranza alla Camera va ai democratici per ora con un vantaggio di 7 seggi.
Il Senato, con 29 seggi assegnati su 35 in lizza, resta in mano ai repubblicani con un margine per ora indicato a 8 seggi. In sintesi, le elezioni non hanno sconfitto Trump, hanno rinforzato i democratici e hanno suggellato la spaccatura del paese in due campi lontani su molti fronti.
L’attività legislativa sarà concentrata su temi diversi rispetto a quelli dell’ultimo biennio, visto che il potere di agenda è in mano ai democratici, ma le leggi che effettivamente passeranno saranno poche: trattati internazionali e leggi di spesa.
Un rallentamento dell’economia potrebbe essere attribuito da Trump ai democratici, mentre si prepara il voto 2020. Oggi, in realtà, parte la campagna elettorale per le presidenziali.

GERMANIA – La produzione industriale a settembre è avanzata di +0,2% m/m circa, malgrado la dinamica del trimestre estivo è stata compromessa dalle pesanti flessioni di giugno e luglio, chiudendo a -0,9% t/t.
L’andamento debole della produzione industriale dovrebbe aver pesato sulla crescita tedesca nel terzo trimestre, ma dovrebbe trattarsi di un fenomeno temporaneo, in parte legato all’entrata in vigore di una normativa europea sui gas di scarico che avrebbe pesato su vendite e produzione di auto.
Ieri il Consiglio degli esperti ha pubblicato una stima di crescita per l’anno in corso di 1,6% e dell’1,5% nel 2019. I motivi del rallentamento sono da ricercarsi nelle condizioni globali meno favorevoli, inoltre cominciano a pesare vincoli di capacità.

AREA EURO – La seconda stima dei PMI servizi e composito di ottobre ha visto una revisione verso l’alto di qualche decimo.
L’indice relativo al non manifatturiero è stato stimato a 53,7, ma è comunque in calo di un punto rispetto al mese prima: la revisione è dovuta al PMI servizi tedesco (rivisto al rialzo di oltre un punto a 54,7) mentre l’indice francese è stato riletto al ribasso di tre decimi (a 55,3, in salita rispetto a settembre).
Di conseguenza il PMI composito per l’area euro è stato rivisto al rialzo a 53,1 da 52,7 della stima flash, ma comunque in calo rispetto al 54,1 di settembre e ai minimi da settembre 2016. I dati confermano che la crescita del PIL si sta stabilizzando in area 0,3% t/t.
Per l’Italia, la prima lettura del PMI servizi ha mostrato un approdo in territorio recessivo a 49,2 da 53,3 precedente. Non accadeva dal 2014 e pertanto il dato potrebbe segnalare una sostanziale stagnazione del PIL tra fine 2018 e inizio 2019.

 

 

COMMENTI:

Elezioni USA – Il voto politico di metà mandato è stato visto come un referendum su Trump che però non ha confermato una bocciatura del Presidente, come a un certo punto era sembrato possibile, ma ha suggellato invece la crescente divisione del paese in due campi sempre più lontani. Il successo democratico alla Camera deriva dall’aumento della partecipazione al voto delle fasce più contrarie al presidente (donne e minoranze in primis), mentre la tenuta dei repubblicani al Senato è molto probabilmente dovuta all’allineamento dell’elettorato repubblicano con la visione di Trump.
Il Partito Repubblicano è diventato il “partito di Trump” che era entrato nel campo politico da outsider, ma è riuscito in questi due anni a spingere la leadership repubblicana sulle proprie posizioni. Chi non si è allineato è “uscito” (soprattutto al Senato) e il partito è ora più compatto nonostante stia perseguendo una visione su molti punti diversa da quella tradizionalmente associata con i repubblicani (politica fiscale, immigrazione e commercio internazionale).
Il Partito Democratico d’altra parte ha recuperato consensi e rappresentanza non solo a livello nazionale, ma anche a livello statale, con un aumento dei seggi statali e il numero di governatori, anche in stati che erano andati a Trump alle presidenziali 2016. I consensi sono stati raccolti nelle aree urbane e suburbane, supportati anche da una massiccia affluenza che ha contrastato gli effetti delle modifiche ai confini dei distretti elettorali favorevoli ai repubblicani.
La conquista della Camera da parte dei democratici assegna loro il potere dell’agenda legislativa: i democratici potranno così provare ad aprire iniziative su vari fronti, anche se senza il controllo del Senato i risultati saranno modesti. Fra i principali temi la sanità e il controllo delle armi. I democratici potrebbero anche mettere pressione su maggiore controllo della presidenza, richiedendo la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi di Trump, aumentando il controllo sulle questioni collegate alle società del presidente. Su alcuni temi, però, la Camera democratica potrebbe permettere l’attuazione di misure dell’agenda di Trump (per esempio, spesa in infrastrutture).
Un Senato repubblicano, invece, permetterà il proseguimento delle nomine di giudici conservatori e bloccherà qualsiasi velleità legislativa da parte dei democratici: verrà perciò difesa a oltranza la riduzione delle imposte, lo smantellamento di Obamacare e la deregolamentazione attuata negli scorsi due anni. Trump potrà anche segnalare un aumento dei consensi a suo favore visto il guadagno di diversi seggi. A parte molte probabili battaglie su temi controversi, come indicato sopra, ci saranno anche occasioni di possibili maggioranze bipartisan: il nuovo NAFTA potrà essere agilmente approvato anche dal nuovo Congresso, per esempio. Un tema centrale sarà la gestione del limite del debito e della legge di spesa che scade a ottobre 2019.
È possibile che il Congresso trovi un nuovo accordo, sulle linee di quello di aprile, che violi di nuovo il Budget Control Act con una espansione della spesa discrezionale al di là dei vincoli legislativi. Questo potrebbe essere il tema principale per prevedere la crescita del 2020, perché potrebbe smussare il previsto “fiscal cliff” di fine 2019.

 

 

In un’altra giornata con livelli di volatilità del tutto nella norma, l’indice del dollaro ha reagito blandamente, correggendo dello 0,2%.

Il biglietto verde ha ceduto lo 0,25% contro euro, che sale quindi a 1,1460.

Lo yen si era inizialmente indebolito contro dollaro fino a 113,80 per poi recuperare tutto il terreno perso e ora scambia allo stesso livello di ieri.

La sterlina ne approfitta per recuperare ancora contro USD (+0,6%) salendo a 1,3137 cercando di trarre tutto il vantaggio possibile nelle more del prossimo comunicato ufficiale su Brexit. Contro euro il recupero è pari a 0,4%, scambia ora a 0,8727.

Il franco svizzero recupera su USD (+0,3%), che rimane comunque sopra la parità, mentre su euro è rimasto stabile.

Tra le commodity currency, NZD si è rafforzato su USD dell’1,2%, nell’attesa che RBNZ dovrebbe mantenere il cash rate invariato a 1,75%.

 

 

MARKET MOVERs:

Nell’Area Euro, le vendite al dettaglio a settembre sono attese in calo, stando alle indicazioni dalle indagini e ai dati nazionali sinora disponibili. Se confermato il dato di settembre dovrebbe lasciare le vendite in rotta per una lieve contrazione nel trimestre estivo dopo lo +0,8% di giugno scorso.

Nessun dato di rilievo negli USA, dove l’attenzione rimarrà sull’analisi dell’esito delle elezioni di metà mandato.