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06 Maggio 2019 – nota economica giornaliera

AREA EURO – L’inflazione è accelerata all’1,7% ad aprile, da un precedente 1,4%.
I dati più forti in Germania (dove l’inflazione è schizzata al 2,1%) spiegano il rialzo più sostenuto dei prezzi a livello di area euro. Quel che più conta è che l’inflazione core (ovvero al netto di energia ed alimentari freschi) è salita di tre decimi all’1,3%, mentre al netto di energia, alimentari e tabacchi è avanzata di quattro decimi all’1,2%.
Il rialzo dell’inflazione core potrebbe rivelarsi effimero, perché legato in larga misura al rialzo dei prezzi dei servizi ricreativi e dell’abbigliamento in Germania, sui quali potrebbero aver pesato fattori stagionali e la collocazione della Pasqua.
Ci aspettiamo che l’inflazione core arretri di un decimo a maggio e che l’indice generale rintracci all’1,5%.
La nostra stima per il 2019 è all’1,5%; soltanto da fine anno si potrebbero vedere aumenti più sostenuti dei prezzi core.

STATI UNITI
– L’employment report di aprile conferma che il mercato del lavoro continua a marciare a pieni giri.
Gli occupati non agricoli sorprendono ampiamente verso l’alto, con un aumento di 263 mila (dopo 189 mila di marzo) al di sopra della variazione mensile media degli ultimi 12 mesi (213 mila) e degli ultimi 3 mesi (169 mila).
Sebbene, i dati di febbraio e marzo sono rivisti verso l’alto complessivamente di 16 mila unità, gli occupati privati sono in rialzo di 236 mila e quelli pubblici di 27 mila.
Nell’industria, l’occupazione aumenta nel manifatturiero (+4 mila) e nelle costruzioni (+33 mila), mentre l’estrattivo registra un modesto ritracciamento.
I servizi privati registrano variazioni ampie per sanità e istruzione (+62 mila), servizi alle imprese (+76 mila), assistenza sociale (+26 mila), attività finanziarie (+12 mila).
La forza lavoro cala di -490 mila, determinando una riduzione del tasso di partecipazione a 62,8% (da 63%), mentre il tasso di disoccupazione cala da 3,8% a 3,6% toccando il minimo da dicembre 1969 (1 pp al di sotto della stima del NAIRU pubblicata dalla Fed a marzo).
Le ore lavorate sono in aumento di 0,5% m/m soprattutto sulla scia del settore costruzioni; nel manifatturiero le ore lavorate sono stabili e puntano a una variazione modesta della produzione nel settore.
I salari orari sono in rialzo di 0,2% m/m (3,2% a/a), come a marzo, e mantengono elevata la crescita annua. Gli occupati rilevati con l’indagine presso le famiglie, sempre molto volatile, registra una variazione negativa (-103 mila).
Nel complesso, i dati non modificano il quadro congiunturale e mostrano ancora un forte aumento di occupati nonostante il costante calo di risorse inutilizzate e la fase avanzata del ciclo. Visto che l’inflazione continua a non reagire al trend verso l’alto dei salari, l’employment report di aprile lascia invariata la previsione di una politica monetaria ancora “paziente” per diversi trimestri, ma riduce i rischi verso il basso per la crescita.
– L’ISM non manifatturiero ad aprile corregge a 55,5 (da 56,1 precedente), contro attese di consenso per un aumento.
Il calo dell’indice composito è il risultato di andamenti contrastanti di alcune componenti, che comunque restano su livelli associati a una crescita ancora rapida dell’attività nel settore.
L’indice di attività aumenta da 57,4 a 59,5; gli ordini calano da 59 a 58,1, restando su livelli elevati; l’indice occupazione scende da 55,9 a 53,7, con un segnale contrastante rispetto ai dati solidi per il settore dei servizi visti con l’employment report.
L’indice dei prezzi (da 58,7 a 55,7) continua a segnalare aumenti ma a ritmi più contenuti.
Le imprese riportano una stabilizzazione della crescita, ma restano ottimiste sulle prospettive e riportano come principale preoccupazione la difficoltà a reperire manodopera.
Nell’estrattivo si riporta stagnazione, ma negli altri settori le aspettative sono di moderata espansione. Secondo il direttore dell’indagine, il livello dell’indice composito di aprile sarebbe coerente con una crescita del PIL di 2,4%. Le indagini di settore indicano per ora un rallentamento della crescita rispetto ai ritmi vicini al 3% del 2018, anche per via della riduzione dello stimolo fiscale, ma non segnalano una frenata brusca.

CINA – Il PMI del settore dei servizi rilevato da Caixin Markit, contrariamente a quello rilevato dal NBS, è salito marginalmente a 54,5 in aprile (da 54,4 in marzo), toccando il massimo degli ultimi 14 mesi, grazie ad un aumento di più di un punto della componente dell’occupazione (che si è portata a 51,2) e della componente dei prezzi.
In lieve calo sono stati invece gli ordini e le aspettative.
Il modesto aumento del PMI dei servizi non ha compensato il calo di quello del settore manifatturiero contribuendo alla discesa del PMI composito a 52,2 in aprile (da 52,7). I dati confermano nel complesso un’attività economica ancora in moderata espansione in aprile sebbene a un ritmo inferiore ma con una migliore tenuta del settore dei servizi rispetto al settore manifatturiero.

 

COMMENTI:

AREA EUROWeidmann, presidente della Bundesbank e membro del consiglio direttivo BCE, ha dichiarato di ritenere che le misure per mitigare gli effetti di tassi negativi avrebbero un impatto contenuto e che in ogni caso sarebbe compensato dalla revisione al ribasso sul primo rialzo dei tassi, effetto che si è verificato.

STATI UNITI – Si è aperta già venerdì la fase di commenti post-riunione da parte di partecipanti al FOMC. Come atteso, i discorsi mostrano unanimità nel valutare la politica monetaria attuale come appropriata e si allineano alle indicazioni della conferenza stampa di Powell nel segnalare che, pur monitorando da vicino l’andamento dell’inflazione, per ora la Fed resterà “paziente”.
Clarida (vice-presidente Fed) ha detto che l’economia “è in una buona situazione”, con il tasso di disoccupazione sui minimi degli ultimi 50 anni, inflazione modesta e aspettative stabili, perciò la Fedpuò permettersi di essere dipendente dai dati”. Clarida ha sottolineato che le indicazioni provenienti dai mercati (inclinazione della curva dei rendimenti) non sempre sono affidabili perché possono essere influenzate da fattori diversi da quelli strettamente domestici ed è quindi opportuno affidarsi anche ad altre informazioni, per esempio dalle indagini.
Bullard (St Louis Fed) ha detto che a suo avviso nonostante il calo dell’inflazione non è il momento per tagliare i tassi dato che, con il radicale cambiamento di guidance avvenuto a inizio anno, le condizioni finanziarie sono diventate molto più espansive. Il segnale da parte del FOMC di probabile stabilità dei tassi, invece dei rialzi previsti fino a fine 2018, ha modificato la struttura delle aspettative e ha avuto già effetti equivalenti a una riduzione dei tassi come appare dalla correzione di quasi 75pb dei rendimenti a 10 anni, quasi del tutto collegata alla comunicazione della banca centrale. Bullard ha detto che i tassi sui fed funds sono “un po’ restrittivi, ma non troppo”.
Evans (Chicago Fed) ha ribadito che il sentiero dei tassi “dipenderà in modo cruciale da eventuali segnali di accelerazione dell’inflazione core”. Secondo Evans, se la crescita rallenterà più delle attese o l’inflazione e le aspettative di inflazione continueranno a essere troppo basse, la politica monetaria potrebbe dovere restare invariata, o addirittura essere allentata. Evans ha però anche aggiunto che non si può escludere che i tassi possano salire, nel caso in cui la crescita si mantenga sopra il potenziale e l’inflazione riacceleri. La previsione di Evans è che la crescita quest’anno sia fra il 2 e il 2,25%.
Secondo Mester (Cleveland Fed) i tassi attuali sono “ben calibrati” ed è un buon momento per essere pazienti. A suo avviso i rischi per lo scenario sono equilibrati e il rallentamento recente dell’inflazione è dovuto a fattori temporanei.
Kaplan (Dallas Fed) ha affermato che il mercato del lavoro dovrebbe rimanere solido, anche se restano rischi dalla congiuntura internazionale debole.
Nel frattempo, il conflitto fra l’amministrazione e la Fed continua a crescere, con un intervento del vice-presidente Pence che si è allineato alle dichiarazioni di Trump e Kudlow, affermando che in questa fase di economia a pieni giri non solo non è opportuno alzare i tassi, ma si dovrebbero considerare dei tagli.

CINA – La PBOC ha ridotto il coefficiente di riserve obbligatoria per alcune banche di piccola e media dimensione. Si tratta del quinto intervento parziale di questo tipo nell’ultimo anno.

USA-CINA – Questa settimana sarà cruciale per l’esito dei negoziati sul commercio: gli incontri programmati per i prossimi giorni avrebbero dovuto aprire la strada per la definizione di una data per un summit Trump-Xi, che avrebbe potuto essere annunciata già venerdì. Invece ieri Trump ha usato toni aggressivi, affermando via Twitter che le trattative vanno troppo a rilento e che entro venerdì potrebbe essere attuato un rialzo dei dazi dal 10% al 25% su 200 mld di dollari di import dalla Cina.
Trump ha anche indicato che “entro breve” potrebbero essere introdotti nuovi dazi del 25% su altri 325 mld di dollari di importazioni, sostenendo che il gettito ottenuto dai dazi imposti nel 2018 sta contribuendo alla crescita USA.
Dal lato cinese, la settimana scorsa sulla stampa locale erano usciti commenti che segnalavano un’impasse nei negoziati. Dopo le dichiarazioni di Trump, è stato riportato che la delegazione cinese potrebbe cancellare gli incontri previsti a Washington nei prossimi giorni e bloccare le trattative.
Kudlow ha cercato di ridimensionare la portata dei commenti di Trump, sottolineando che la minaccia di Trump di aumentare i dazi già questa settimana potrebbe essere irrealizzabile perché l’US trade Representative deve dare un preavviso più prolungato alle imprese prima di attuare interventi di politica commerciale. I prossimi giorni saranno determinanti per le prospettive dei negoziati, con un forte aumento di incertezza del tutto inatteso.

 

Nel fine settimana l’indice del dollaro si è indebolito dopo le dichiarazioni di Trump sul fronte dei negoziati sul commercio con la Cina. In mattinata anche in Asia le borse hanno aperto in ribasso.

L’euro è in marginale recupero contro il biglietto verde in apertura stamattina dopo che venerdì il cross aveva risentito dei numeri positivi dell’employment report di aprile. Visto il calendario macro piuttosto povero dal lato US, la settimana vede la moneta unica più esposta a sorprese (in entrambe le direzioni)

Nel Regno Unito oggi non ci aspettiamo novità, con la borsa chiusa per Bank Holiday. Il rafforzamento della sterlina (contro dollaro ed euro) dopo le elezioni locali, apparentemente più favorevoli al fronte del “remain” e le dichiarazioni di Corbin di venerdì, non appare significativo fintanto che i colloqui tra i due leader non porteranno a qualcosa di concreto. Theresa May riprenderà i colloqui con i laburisti solo da mercoledì.

Lo yen ha già risentito nel fine settimana del clima di risk-off creato dal presidente americano portandosi rapidamente a 110,30, per poi correggere stamattina fino a 110,80.

 

MARKET MOVERs:

AREA EURO
– La stima finale dovrebbe rivedere il PMI composito rispetto alla stima flash di 51,3 (in calo dal 51,6 di marzo) sulla scia del miglioramento dell’indice manifatturiero da 47,8 a 47,9, mentre l’indice per i servizi dovrebbe essere confermato a 52,5 (in correzione da 53,3 di marzo). Il PMI composito rimarrebbe quindi poco al di sopra della soglia di 50 anche all’inizio del 2° trimestre.
– Le vendite al dettaglio a marzo sono attese in calo di -0,1% m/m dopo aver stagnato a febbraio per effetto delle contrazioni registrate in Germania e Francia. In media annua la variazione passerebbe a 1,2% da 2,1%, impostando i consumi per un rallentamento a 0,3% t/t nel 1° trimestre da 0,7% t/t di fine 2018.
I consumi nell’Eurozona sono visti avanzare a un ritmo similare o leggermente superiore nella parte centrale dell’anno.
– In settimana, la Commissione pubblicherà le previsioni di primavera (7 maggio) che costituiscono il punto di partenza per la valutazione dei programmi di stabilità e quindi delle raccomandazioni estive.
Per quanto riguarda i dati, il focus sarà sull’andamento della produzione industriale di marzo che determinerà l’entrata nel 2° trimestre. Ci aspettiamo un recupero in Germania, così come in Spagna (+0,4% m/m), mentre in Francia e in Italia è atteso in calo (rispettivamente di -0,1% m/m e -0,8% m/m).
Molti gli interventi dei membri BCE che potrebbero fornire indicazioni sul dibattito interno al Consiglio.

STATI UNITI – La settimana ha pochi dati in uscita, ma include un’agenda fitta di discorsi di partecipanti alle riunioni del FOMC che daranno informazioni sul dibattito di politica monetaria. Sul fronte dei dati, le novità riguarderanno l’inflazione di aprile. Il CPI core e il PPI core sono attesi in rialzo e dovrebbero confermare l’assenza di pressioni verso l’alto sui prezzi core.