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04 ottobre 2018 – nota economica giornaliera

ITALIA – Nel 2° trimestre, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è salito di ben 1,3% t/t in termini nominali e 1,2% t/t in termini reali: è la variazione più ampia del potere d’acquisto dal 2005.
Ciò appare dovuto al robusto incremento dell’occupazione nel periodo (+0,9% t/t, un massimo almeno dal 1993).
Tuttavia, verosimilmente per il fatto che la nuova occupazione è stata principalmente di natura temporanea, l’incremento di reddito è stato quasi interamente risparmiato, visto che i consumi sono aumentati di appena un decimo in termini nominali.
Di conseguenza, il tasso di risparmio è salito di oltre un punto a 8,6% (ai massimi da due anni).

ITALIA – Nel 2° trimestre, la quota di profitto delle società non finanziarie è diminuita di un decimo rispetto al trimestre precedente, a 42,2% (ai minimi da quasi tre anni).
Viceversa, il tasso di investimento è salito di mezzo punto a 21,9% (ma la caduta del 1° trimestre, come avvenuto l’anno scorso, era dovuta alla distorsione prodotta dagli incentivi di Industria 4.0).

ITALIA – L’indebitamento netto della Pubblica Amministrazione è stato pari allo 0,5% del PIL nel 2° trimestre 2018, in calo dal 2,1% di un anno prima (1% al netto degli effetti del trasferimento in conto capitale operato per l’intervento sulla crisi delle Banche Venete).
Il miglioramento tendenziale è dovuto per quattro decimi alla spesa per interessi. Complessivamente, nella prima metà del 2018 l’indebitamento netto è risultato pari all’1,9% del PIL, in miglioramento rispetto al 3% del corrispondente periodo del 2017. Poiché il consuntivo 2017 ha fatto segnare un 2,4%, è possibile che il 2018 veda un miglioramento rispetto all’1,9% di metà anno, che tuttavia potrebbe essere marginale vista la risalita della spesa per interessi: il deficit 2018 potrebbe attestarsi a 1,7-1,8%.

STATI UNITI – La stima ADP degli occupati privati non agricoli registra un incremento di 230 mila posti a settembre, dopo 168 mila di agosto. L’aumento è diffuso a tutte le dimensioni di impresa. Nell’industria sono creati 46 mila posti, di cui 34 mila nelle costruzioni, 7 mila nel manifatturiero e 5 mila nell’estrattivo. I Servizi registrano una variazione di 184 mila, spinta da tutti i sotto-settori tranne l’informazione, con aumenti solidi per istruzione e sanità, commercio e turismo. La stima definitiva sarà pubblicata dal BLS con l’employment report del 5 ottobre: infatti, l’ADP conta come occupati tutti gli individui che hanno una busta paga, mentre gli occupati rilevati dall’indagine del BLS conta come occupati gli individui che hanno lavorato nella settimana di rilevazione.

STATI UNITI – L’ISM non manifatturiero a settembre aumenta a 61,6 da 58,5 di agosto, e tocca il massimo da quando esiste la serie (2008). L’indagine è decisamente forte, con aumenti diffusi: produzione a 65,2 da 60,7, ordini a 61,6 da 60,4, ordini all’export a 61 da 60,5, occupazione a 62,4 da 56,7; la componente prezzi conferma il recente trend verso l’alto, salendo a 64,2 da 62,8. Le imprese riportano generalizzato ottimismo sullo scenario corrente e atteso; le principali preoccupazioni riguardano l’esaurimento di capacità produttiva e l’incertezza sul commercio internazionale. Il quadro che emerge dalle indagini ISM, sia per il settore manifatturiero sia per quello non manifatturiero, appare ancora più forte di quello delle indagini regionali e del PMI Markit.

 

COMMENTI:

Relativamente alla attesa Nota di Aggiornamento al DEF dell’Italia, ieri sera sono state elargite nuove indicazioni sul programma fiscale: il deficit programmatico sarebbe di 2,4% nel 2019, 2,1% nel 2020 e 1,8% nel 2021, ma diverse fonti di stampa riferiscono che ciò avverrebbe con l’aiuto di clausole di salvaguardia su IVA e Spesa Pubblica. Secondo il Sole24Ore, la crescita programmatica dichiarata sarebbe pari a 1,5% nel 2019, 1,6% nel 2020 e 1,4% nel 2021, una stima relativamente alta rispetto alle previsioni di consenso. Nella manovra sarebbe stato incluso un programma di investimenti di dimensione crescente nel triennio, pari a circa lo 0,9% del PIL. Il rapporto debito/PIL calerebbe da 130% nel 2019 al 126,5% nel 2021. Restano però forti contraddizioni da spiegare fra la dimensione degli interventi e la stima del deficit programmatico, con un gap di 16-17 miliardi sui conti del prossimo anno.

Negli Stati Uniti, il presidente della Fed Powell in un discorso ieri ha ribadito la valutazione molto ottimistica dello scenario, affermando che l’economia è in “un insieme di circostanze economiche notevolmente positive” e “non c’è ragione per pensare che questo ciclo non possa continuare ancora per parecchio tempo, effettivamente per un tempo indefinito”. Powell ha rilevato che a suo avviso non è in vista una recessione né l’anno prossimo né nel 2020. Sull’inflazione, Powell ha affermato che è probabile un rialzo a fronte di ulteriore riduzione della disoccupazione e che la curva di Phillipsnon si può dire che sia morta”.
Secondo Powell, la Fed deve “controllare ciò che è controllabile” ed è questo che sta facendo, anche se alla fine i tassi potranno “andare al di là della neutralità”.
In altri discorsi dalla Fed ieri si sono sentite altre voci, corali nel sostenere il sentiero di rialzi, ma più variegate nei toni e nella valutazione dei rischi:
Evans (Chicago Fed) si è detto favorevole a un altro rialzo a dicembre e a ulteriori mosse fino a 3-3,25%, su un livello che ritiene marginalmente restrittivo;
Harker (Philadelphia Fed) invece vorrebbe tassi fermi per il resto dell’anno e solo due rialzi nel 2019, preferendo maggiore gradualità in una fase in cui l’inflazione rimane stabile;
Barkin (Richmond Fed) è a favore di ulteriori graduali rialzi che devono però essere valutati anche alla luce della curva dei rendimenti estremamente piatta;
Mester (Cleveland Fed) ritiene che il sentiero di rialzi graduali debba proseguire, guidato da disoccupazione e inflazione e che debba essere aggiustato verso l’alto, in caso di ripresa della dinamica dei prezzi.

La sterlina recupera uno 0,3% e scambia ora a 0,8868 con l’euro, incoraggiata da notizie che Theresa May, sopravvissuta al congresso dei Conservatori, vorrebbe proporre un accordo su Brexit che risolva la disputa sul confine irlandese mantenendo tutto il Regno Unito all’interno dell’unione doganale europea per un periodo transitorio di lungo termine, ricevendo un parere favorevole dal primo ministro irlandese e uno un po’ meno favorevole da Barnier.

L’indice del dollaro è salito dello 0,8% tornando sui massimi di agosto che ha spinto EURUSD in giù dell’1%, rompendo il supporto di 1,1500. In questa fase l’euro non è in grado di opporsi alla forza del biglietto verde.

 

MARKET MOVERS:

Negli Stati Uniti, sono in uscita i dati finali di agosto sugli gli ordinativi di beni durevoli e gli ordini all’industria.

Non c’è molto da aspettarsi dalla giornata di oggi, con il calendario macroeconomico vuoto per quanto riguarda l’Eurozona.

 

AGENDA DI OGGI:

Flash Report - agenda economica 04 ottobre 2018