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02 Maggio 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA
– Il PIL è cresciuto più del previsto nel 1° trimestre di +0,2% t/t (dopo il -0,1% t/t dei due trimestri precedenti). La variazione annua è risalita marginalmente a +0,1%, dopo 4 trimestri consecutivi di marcato rallentamento.
Il dettaglio non è ancora noto (sarà diffuso il prossimo 31 maggio), tuttavia Istat ha comunicato che:
1) tutti i principali settori hanno dato un contributo positivo al valore aggiunto (ma sospettiamo che la parte del leone sia stata svolta dall’industria, visto l’incremento marcato fatto registrare nel primo bimestre dell’anno dalla produzione sia nell’industria in senso stretto che nelle costruzioni);
2) la crescita è dovuta agli scambi con l’estero, mentre la domanda interna (al lordo delle scorte) ha dato un contributo negativo (ma riteniamo che ancora una volta a frenare il PIL possano essere stati soprattutto i magazzini, proprio specularmente all’incremento dell’export netto).
La crescita “acquisita” per il 2019 risulta pari a 0,1% (in caso di stagnazione in ciascuno dei tre rimanenti trimestri dell’anno), il che suggerisce che si siano decisamente ridotti i rischi al ribasso sul target governativo di crescita di 0,2% quest’anno (che coincide anche con la nostra previsione).
Visto che la ripresa di inizio 2019 è dovuta principalmente all’industria, e dato che gli indici di fiducia delle imprese nel settore hanno continuato a calare negli ultimi mesi, sospettiamo che il trimestre in corso possa essere più fiacco, proprio per via di un minor apporto dal settore manifatturiero.
– La disoccupazione è calata a sorpresa a 10,2% (da 10,5% di febbraio che è stato rivisto al ribasso da una prima stima a 10,7%).
Anche il dettaglio è piuttosto confortante, in quanto il calo è dovuto interamente alla crescita degli occupati (+60 mila unità, un massimo nell’ultimo anno), in particolare dipendenti permanenti (+44 mila). Di conseguenza il tasso di occupazione è salito al 58,9%, un record da quando sono disponibili le serie mensili ovvero almeno dal 2004 (mentre il tasso di attività è rimasto fermo al 65,7%, solo di due decimi inferiore al massimo storico toccato lo scorso giugno).
Ancora più evidente il calo del tasso di disoccupazione giovanile che, pur rimanendo tra i più alti nell’eurozona (dietro a Grecia e Spagna), è sceso ai minimi da agosto 2011 a 30,2% (da 31,8% di febbraio). Il dato attenua le preoccupazioni circa un possibile esaurirsi del ciclo espansivo del mercato del lavoro.
Se il punto di minimo per il PIL fosse confermato nella seconda metà del 2018, un’inversione del trend per la disoccupazione potrebbe essere evitata. In ogni caso, pensiamo che le stime contenute nel DEF sul tasso di disoccupazione, visto in salita all’11% quest’anno e all’11,1% nel 2020, siano eccessivamente pessimistiche (anche perché, rispetto al governo, ci aspettiamo un impatto inferiore alle attese del reddito di cittadinanza sul tasso di attività).
– L’inflazione è risalita lievemente ad aprile, di un decimo, a 1,1% sull’indice nazionale e a 1,2% sull’armonizzato. Nel mese i prezzi sono aumentati di due decimi sul NIC e di 0,6% m/m sull’IPCA.
I dati sono stati marginalmente superiori alle nostre attese, ma i rincari appaiono legati a fattori stagionali e di calendario, visto che la prossimità della Pasqua con la festa della Liberazione ha favorito una crescita congiunturale marcata in particolare nei servizi ricettivi e di ristorazione (+2,1% m/m) e nei trasporti (+1,7% m/m, anche per via degli aumenti dei carburanti).
Pensiamo che l’inflazione possa tornare a calare nei prossimi mesi, toccando un minimo attorno a 0,6% nei mesi estivi, per poi risalire sopra l’1% nella parte finale dell’anno. In ogni caso, la (limitata) variabilità recente dell’inflazione appare spiegata assai più dai prezzi dell’energia che non da fattori di domanda.

AREA EURO
– Nel 1° trimestre, il PIL dell’eurozona è cresciuto di 0,4% t/t, un ritmo congiunturale doppio rispetto a quello dei tre mesi precedenti, per una tendenza annua stabile all’1,2% (ai minimi dal 2013). Il dato ha comunque superato le attese.
Tra i Paesi per i quali è già stato diffuso il dato, l’accelerazione è venuta dalla Spagna (da 0,6% t/t a 0,7%) e soprattutto dall’Italia.
Francia e Austria hanno mantenuto il ritmo di fine 2018 (0,3% t/t), mentre i dati tedeschi saranno pubblicati più avanti (il 15 maggio) ma ci aspettiamo una crescita di nuovo positiva dopo la stagnazione di fine 2018.
L’unico tra i principali Paesi a mostrare un rallentamento è stato il Belgio (da 0,4% t/t a 0,2%).
Nel complesso, la ripresa nella media dell’area sembra essere stata guidata dalla domanda domestica: consumi e investimenti dovrebbero aver registrato una crescita, sia pur moderata, nella maggior parte delle economie.
Il contributo degli scambi con l’estero è stato negativo in Francia e Belgio, nullo in Austria e positivo in Spagna solo per via di un calo dell’import più pronunciato di quello dell’export.
Fa eccezione l’Italia, dove l’apporto positivo della domanda estera netta potrebbe essere stato accompagnato a una crescita dell’export.
Poiché le indagini (specie nel settore manifatturiero) restano in territorio recessivo e vista la persistente debolezza del commercio mondiale, è possibile che il trimestre in corso risulti meno dinamico. È ancora necessaria una seconda metà dell’anno piuttosto vigorosa per raggiungere la nostra stima per l’anno in corso (1,2%, marginalmente più alta del consenso), ma i rischi al ribasso sembrano essersi ridotti significativamente.
– Il tasso di disoccupazione nella media eurozona è calato a sorpresa di un decimo a marzo, al 7,7%; la disoccupazione giovanile è scesa al 16% (dal 16,2% precedente). In entrambi i casi, si tratta di un minimo dal 2008. Il tasso dei senza-lavoro è rimasto stabile in Germania (3,2%) e Francia (8,8%), mentre è sceso in Italia (a 10,2%), Spagna (14%), Belgio (5,7%) e Olanda (3,3%).
L’unico Paese a registrare un aumento nel mese è il Lussemburgo (5,5%).
Grecia, Spagna e Italia restano gli unici tre membri dell’eurozona con un tasso dei senza-lavoro a due cifre, e con un tasso di disoccupazione giovanile sopra il 30%.
– Le stime preliminari per il mese di aprile hanno mostrato un aumento dei prezzi sugli indici armonizzati, dell’1% m/m in Germania (con l’inflazione in salita a 2,1% a/a da 1,4% precedente), di tre decimi in Francia (con la tendenza annua in aumento di un decimo a 1,4%) e di 1,1% m/m in Spagna (con l’inflazione in salita di tre decimi all’1,6%). La sorpresa al rialzo è venuta soprattutto dalla Germania.
I dati sono coerenti con un indice eurozona in accelerazione da 1,4% a 1,7%, lievemente superiore alle attuali attese di consenso.

STATI UNITI
– La fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board ad aprile aumenta da 124,2 a 129,2. L’indice delle condizioni correnti migliora da 163 a 168,3 e quello delle aspettative sale da 98,3 a 103. La fiducia ha recuperato gran parte del calo di inizio anno, anche se rimane al di sotto dei livelli dell’autunno, e dà indicazioni favorevoli per i consumi nei prossimi trimestri. Anche la valutazione del mercato del lavoro migliora, dando supporto al mantenimento dell’attuale fase di eccesso di domanda per il resto dell’anno.
– L’ISM manifatturiero sorprende verso il basso ad aprile, calando a 52,8 (da 55,3), sulla scia di un’ampia correzione degli ordini (da 57,4 a 51,7) della produzione (da 55,8 a 52,3), dell’occupazione (da 57,8 a 52,4 ) e degli ordini all’export (da 51, 1a 49,8 ).
Il livello dell’indice è sui minimi da ottobre 2016, anche se resta in territorio espansivo.
L’indebolimento dell’indice è in parte collegato alla necessità di riaggiustare le scorte verso il basso, dopo il forte accumulo che si è visto nel 1° trimestre, oltre che all’apprezzamento del dollaro che pesa sulla domanda estera in una fase di congiuntura mondiale debole. I dati dei prossimi mesi saranno importanti per valutare se, una volta eliminato l’eccesso di scorte, il trend dell’ISM si stabilizzerà: al momento questo è lo scenario centrale.
– La spesa in costruzioni a marzo delude con una correzione di -0,9% m/m, (dopo +0,7% m/m).
Nel settore privato si registra un calo di -0,7% m/m, con il residenziale in flessione di -1,8% m/m contro il non residenziale in rialzo di 0,5% m/m. Anche il pubblico è in calo (-1,3% m/m).
– Le vendite di autoveicoli ad aprile calano a 16,4 mln di unità ann., da 17 mln di marzo.

 

COMMENTI:

REGNO UNITO – Non si attendono variazioni al quadro di politica monetaria della Bank of England: tasso ufficiale invariato a 0,75% e target sul portafoglio anch’esso invariato.
I dati migliori delle attese del primo trimestre saranno liquidati come prodotto di fattori transitori, mentre l’incertezza legata a Brexit continuerà a pesare sulla valutazione delle prospettive future.

STATI UNITI – La riunione del FOMC si è conclusa con un messaggio unanime e invariato di “pazienza”, pur con alcune variazioni nella valutazione dello scenario di attività e prezzi.
Per il momento il Comitato ritiene che la politica monetaria sia “appropriata” e “non vede un motivo forte” per cambiare i tassi né verso l’alto né verso il basso. L’intervallo obiettivo del tasso dei fed funds resta fra 2,25 e 2,5%, mentre il tasso sulle riserve è stato ridotto di 5 pb da 2,4% a 2,35% per motivi operativi, ma senza alcuna rilevanza dal punto di vista della stance di politica monetaria.
Powell ha sottolineato che la modifica al tasso sulle riserve è un “aggiustamento tecnico”.
Nella valutazione del quadro macroeconomico, si rileva che l’attività è cresciuta a un “ritmo solido” e che il mercato del lavoro, come a marzo, resta “forte”. Tuttavia, si riconosce che la crescita di consumi e investimenti fissi non residenziali è rallentata nel 1° trimestre e che l’inflazione core è scesa ed è al di sotto del 2%.
Sul fronte della crescita, Powell nella conferenza stampa ha dato commenti relativamente ottimistici affermando anche che la correzione dell’ISM di aprile non modifica una visione di prosecuzione della ripresa a ritmi moderati.
Nella conferenza stampa, Powell ha discusso il tema dell’inflazione core in calo (il deflatore core è passato da 2% a/a a dicembre a 1,6% a/a a marzo) sottolineando che “ci sono motivi per pensare che (questi fattori) siano transitori”, anche se la Fed li seguirà con attenzione per valutare se questo sarà effettivamente il caso. Powell ha anche affermato che a suo avviso il calo dell’inflazione non è legato a “qualcosa che abbiamo fatto in termini di rialzi dei tassi”, cioè a una politica monetaria eccessivamente restrittiva. Pertanto, per ora un taglio dei tassi per via dell’inflazione troppo bassa non è considerato attivamente dal FOMC.
Tuttavia, il caso è aperto: un’inflazione in calo può essere causata da domanda debole (questo è da escludere), da fattori transitori (questo è il caso al momento, secondo la Fed), o ancora da aspettative di inflazione troppo basse. Al momento la previsione è di risalita dell’inflazione core a partire dall’estate e di ritorno verso il 2% a inizio 2020, ma i rischi sono verso il basso e vanno monitorati.
Sul tema del bilancio non sono emerse novità: Powell ha indicato che il Comitato continuerà a discutere la composizione e la durata del portafoglio nelle prossime riunioni.
In conclusione, il FOMC a maggio ha segnalato il mantenimento di un atteggiamento paziente, senza dare indicazioni di voler rispondere allo scivolamento verso il basso dell’inflazione core.
Come abbiamo già segnalato, in ogni caso, l’inflazione sarà il focus per la Fed e mercati nei prossimi mesi. Il caso per un eventuale taglio dei tassi dovrà aspettare l’evoluzione dei prezzi nella parte centrale dell’anno. A nostro avviso, difficilmente una riduzione dei fed funds potrebbe materializzarsi nei tempi scontati dal mercato, che ha comunque rivisto verso il basso la probabilità di tassi più bassi (51,7% a dicembre, 57,1% a gennaio 2020).

CANADAPoloz, governatore della Bank of Canada, ha detto che i tassi ufficiali saliranno dagli attuali livelli “molto bassi” se i venti contrari che attualmente stanno frenando l’economia canadese si dissiperanno. La scorsa settimana, il comunicato della banca centrale era stato piuttosto chiaro nel segnalare che l’ipotesi di rialzo era esclusa, almeno nel breve termine. L’economia risente anche dell’incertezza riguardo alla ratifica del nuovo trattato commerciale con gli Stati Uniti che sta frenando gli investimenti delle imprese.

 

L’indice del dollaro ha registrato un rimbalzo ieri, dopo che la riunione del FOMC ha mantenuto i tassi fermi come atteso (con voto unanime).

Il cambio con l’euro si è mosso coerentemente all’indice del dollaro, rafforzando il biglietto verde dello 0,5% a 1,1193-1,1207, nonostante i dati europei per una volta abbiano sorpreso in positivo. Fino al pomeriggio di ieri, l’euro aveva guadagnato terreno, toccando un massimo infragiornaliero di 1,1246, ma l’ascesa dipendeva da fattori americani.

Anche la sterlina ha ceduto lo 0,3% contro dollaro e scambia ora a 1,3052.
Contro la moneta unica ha invece guadagnato altro terreno, con l’euro che viaggia attorno a 0,8587 (-0,7% a 1 settimana), con rientro sulla media mobile a 20gg, dopo alcune settimane trascorse sopra.

Lo yen cede lo 0,4% contro dollaro scambia a 111,53, al di sotto della media di lungo termine (111,47). In un contesto di mercati azionari positivi la valuta giapponese rimane sottotono.

 

MARKET MOVERs:

AREA EURO – Si attendono oggi i dati finali dei PMI manifatturieri di aprile. La stima di consenso vede, come al solito, una conferma della stima flash di 47,8. In questa occasione vengono però resi noti i risultati delle indagini di Italia e Spagna, oltre che di altri paesi minori.

REGNO UNITO – La Bank of England riunisce il Monetary Policy Committee e pubblica l’Inflation Report. Non si attende alcuna modifica alla politica monetaria (il consenso è che il prossimo rialzo abbia luogo a inizio 2020). La banca centrale fronteggia sia l’incertezza sulle tendenze dell’economia globale, sia quelle domestiche legate a Brexit, tutt’altro che dissolte. In tali condizioni, i segnali di forza del primo trimestre saranno ignorati e la BoE continuerà a ritenere i rischi al ribasso prevalenti.