Seguci su twitter

Categorie

29 novembre 2018 – nota economica giornaliera

STATI UNITI – La seconda stima del PIL del 3° trimestre è invariata (3,5% t/t ann.), confermando un massiccio contributo positivo delle scorte a fronte di un ampio freno delle esportazioni nette.
La domanda finale domestica rimane in espansione solida, a +3,1% t/t ann. La revisione nulla della crescita complessiva nasconde però revisioni alle principali componenti della domanda.
In primo luogo, i consumi privati sono rivisti verso il basso, con un aumento di 3,6% t/t ann. da 4% t/t ann., per via di una spesa sempre forte, ma più contenuta nel comparto dei beni durevoli.
Invece gli investimenti fissi non residenziali sono rivisti verso l’alto, e registrano un incremento di 2,5% t/t ann, da 0,8% t/t ann. grazie a una dinamica meno negativa delle strutture.
Anche gli investimenti residenziali sono meno negativi rispetto alla prima stima, con un calo di -2,6% t/t ann., da -4% t/t ann.
La spesa pubblica è in rialzo di 2,6% t/t ann., da 3,3% t/t ann., per via di una revisione verso il basso della componente statale e locale.
Le esportazioni nette danno un contributo di -1,9 pp (da -1,78 pp), mentre il contributo delle scorte sale a +2,27 pp da +2,07 pp.

STATI UNITI – Il deficit della bilancia commerciale dei beni a ottobre si allarga a -77,2 mld di dollari, da -76,3 mld di settembre, con un calo delle esportazioni di -0,6% m/m e un modesto aumento delle importazioni (+0,1% m/m).
Il canale estero ha dato un ampio contributo negativo alla crescita nel 3° trimestre (v. sopra): nel 4° trimestre, le esportazioni dovrebbero restare un freno alla crescita complessiva, ma più contenuto (prev. contributo -0,3 pp).

STATI UNITI – Le vendite di nuove case a ottobre correggono a 544 mila da 597 mila di settembre (rivisto ampiamente verso l’alto da 553 mila).
La correzione è diffusa a tutte le aree e determina un aumento delle scorte di case invendute a 7,4 mesi, da 6,5 mesi di settembre, massimo da febbraio 2011. Il prezzo mediano è in calo sia mensile sia annuo, a conferma dell’indebolimento del mercato immobiliare residenziale.

 

COMMENTI:

Nel Regno Unito, Il flusso di notizie su Brexit è continuato con la pubblicazione delle stime di impatto aggiornate dei vari scenari.
Il Governo ha pubblicato un aggiornamento dell’analisi di impatto di Brexit dalla quale si evince che non uscire dall’UE sarebbe l’opzione migliore, in termini di dinamica attesa del PIL.
L’accordo attuale implica una crescita cumulata del PIL nell’arco di 15 anni inferiore del 3,9% allo scenario di permanenza nell’UE, con oltre metà dello scarto derivante dall’azzeramento dei flussi migratori dal resto dell’Europa. L’impatto derivante dall’interscambio di beni e servizi è modesto (-0,6%). Uno scenario di uscita senza accordo comporterebbe invece una minor crescita anche di 9,3 punti percentuali nello stesso periodo.
La Bank of England ha pubblicato sempre ieri una sua analisi dell’impatto di breve/medio periodo di un’uscita senza accordo che prospetta una recessione anche peggiore di quella associata alla Grande Crisi Finanziaria: il PIL sarebbe del 4,75-7,75% più basso rispetto all’ultima previsione della Banca centrale.

Negli USA, Powell, in un discorso sulla stabilità finanziaria, ha ribadito molti dei punti già sottolineati in passato, evidenziando che il quadro attuale è molto positivo e che la Fed deve calibrare i rialzi dei tassi in modo graduale, per bilanciare rischi opposti.
Da un lato, occorre evitare di muovere troppo in fretta, per non soffocare la ripresa; dall’altro, muovere troppo lentamente, “mantenendo i tassi troppo bassi troppo a lungo, potrebbe rischiare (di generare) altre distorsioni, sotto forma di inflazione più alta o di squilibri finanziari destabilizzanti”. Powell ha messo l’accento sull’incertezza delle previsioni, pur in una situazione soddisfacente come quella attuale.
Il presidente della Fed ha anche portato l’attenzione sull’aumento di indebitamento delle imprese e del costo degli interessi: a suo avviso, per ora le condizioni non sembrano tali da determinare una recessione ma, come evidente dall’esperienza dell’ultima crisi, non ci può essere stabilità macroeconomica senza stabilità finanziaria.
Inoltre, secondo Powell, benché la politica monetaria non sia lo strumento ideale per affrontare eventuali squilibri finanziari, “è difficile non tenere a mente” che gli ultimi cicli economici negli USA si sono conclusi non con troppa inflazione, ma con squilibri finanziari.
Anche se le parole di Powell non hanno modificato le indicazioni di probabili ulteriori graduali rialzi dei tassi, le maggiori reazioni del mercato sono venute a seguito di un commento sulla neutralità dei tassi: Powell ha affermato che sono “appena al di sotto” dell’intervallo di stima della neutralità (compreso fra 2,5% e 3,5% nelle proiezioni del FOMC).
A ottobre Powell aveva detto che i tassi erano “lontani” dal livello neutrale: pertanto, l’affermazione di mercoledì è stata letta in modo dovish dal mercato, che ha ridotto le aspettative di rialzi nel 2019.
Il punto fondamentale resta comunque che “non c’è una politica predeterminata” e la Fed si concentrerà sulle informazioni derivanti dai “dati economici e finanziari”.
In conclusione, la Fed riconsidererà tale sentiero a ogni riunione, alla luce dell’incertezza sul numero appropriato di rialzi, generando più volatilità di quanto visto negli ultimi anni, caratterizzati da guidance esplicita.

 

Il dollaro ha probabilmente sofferto il discorso tenuto da Powell, cedendo lo 0,5% come cambio effettivo.

Quello contro euro è stato uno dei movimenti più ampi. EUR/USD è salito su base giornaliera e ha continuato a rafforzarsi nelle ultime ore, riavvicinandosi così a 1,14.

L’euro si è trascinato dietro la sterlina, al netto di un movimento marginale di EURGBP favorevole alla moneta unica.

Lo yen ha recuperato complessivamente lo 0,5%, ricacciando il dollaro a 113,24.

Netto movimento del dollaro australiano, balzato a 0,7327, confermando il miglioramento della prospettive di un ritorno ai livelli dell’estate.

 

MARKET MOVERs:

Nell’eurozona l’agenda odierna è fitta oggi di dati: le stime preliminari dell’inflazione in Spagna e in Germania, compresi i dati provenienti dai Länder sui prezzi al consumo. Sempre in Germania il mercato del lavoro è al pieno impiego e quindi ci si aspetta un tasso di disoccupazione stabile (precedente 5,1%). Dalla Francia sarà interessante osservare il trend della spesa per consumi a ottobre. Infine, importante sarà la lettura di novembre dell’indice ESI elaborato dalla Commissione UE: la fiducia presso le imprese manifatturiere e il morale presso le imprese di servizi.

Negli Stati Uniti la spesa personale a ottobre è attesa in aumento, in linea con la media degli ultimi sei mesi e con le vendite al dettaglio di ottobre che hanno registrato un incremento di 0,8% m/m. Saranno diffusi anche i dati relativi al reddito personale. Infine, la Fed pubblica i verbali della riunione del FOMC di inizio novembre. Il documento avrà diverse informazioni di rilievo.