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07 dicembre 2018 – nota economica giornaliera

GERMANIA – La produzione industriale è calata in ottobre di -0,5% m/m (+1,6% a/a). Escludendo energia e costruzioni, la produzione è calata di -0,4% m/m; infatti è in flessione sia la produzione energetica (-3,2%) sia le costruzioni (-0,3%). La debolezza è dovuta anche al comparto dei beni di consumo (-3,2% m/m). L’andamento della produzione nel quarto trimestre rischia di essere ancora circa stagnante, anche ipotizzando una moderata ripresa in novembre e dicembre.
Tuttavia, l’economia opera con crescenti vincoli di capacità ed è quindi possibile che almeno la produzione di beni capitali tenga nei prossimi mesi.

STATI UNITI – La stima ADP degli occupati non agricoli privati a novembre registra un aumento di 179 mila, dopo 225 mila di ottobre, con incrementi diffusi a tutte le dimensioni di impresa.
Disaggregando per settori, l’industria registra +4 mila nel manifatturiero, +2 mila nell’estrattivo e +10 mila nelle costruzioni. I servizi hanno una variazione di 163 mila posti, con rialzi più solidi come consueto in sanità  e istruzione e servizi alle imprese.
Il moderato rallentamento della dinamica occupazionale, non modifica il quadro di eccesso di domanda sul mercato del lavoro, anche perché il Beige Book ha appena riportato vincoli all’offerta di manodopera che rallentano il ritmo delle assunzioni.

STATI UNITI – La bilancia commerciale a ottobre registra un deficit di -55,5 mld di dollari, con un calo delle esportazioni di -0,1% m/m e un aumento delle importazioni di 0,2% m/m. Il deficit dei beni in termini reali si allarga rispetto alla media del 3° trimestre e punta a un contributo negativo del canale estero alla crescita del PIL anche nel 4° trimestre, in parte condizionato dall’introduzione dei dazi con la Cina.

STATI UNITI – I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 1° dicembre sono poco variati, a 231 mila, da 235 mila della settimana precedente. I dati sono probabilmente influenzati dalla festività  di Thanksgiving, che crea difficoltà  di destagionalizzazione.

STATI UNITI – La ricchezza netta delle famiglie nel 3° trimestre è aumentata dell’1,9% (+2,1 tln di dollari, a 109,4 tln), con contributi positivi sia delle attività  immobiliari sia di quelle finanziarie.
Il rapporto ricchezza netta/reddito disponibile è continuato a salire, mantenendosi ampiamente al di sopra del livello pre-crisi.
La crescita del debito delle famiglie è accelerata, con una variazione di 3,4% t/t, dopo 2,9% nel 2°.

STATI UNITI – L’ISM non manifatturiero a novembre sorprende positivamente con un rialzo a 60,7. Le principali componenti segnano ulteriori rimbalzi, da livelli già  elevati: attività a 65,2 (sul livello di settembre, massimo da febbraio 2004), ordini a 62,5, ordini inevasi a 55,5, prezzi pagati a 64,3. L’occupazione e gli ordini all’export invece correggono, ma restano in territorio pienamente espansivo (a 58,4 e 57,5, rispettivamente).
L’espansione è diffusa a 17 distretti su 18 (l’unico settore in calo è quello agricolo). I commenti delle imprese restano positivi, anche se si riporta preoccupazione per i dazi e per il rallentamento della domanda estera, oltre a vincoli alla crescita dovuti alla scarsità  di manodopera.

 

COMMENTI:

OPEC – La riunione di ieri si è conclusa senza un comunicato stampa formale. Secondo indiscrezioni di mercato emerse durante la sessione condotta a porte chiuse, l’OPEC appoggerebbe la proposta saudita di un taglio cumulativo di circa 1 mln di barili al giorno, sotto la condizione necessaria che gli alleati non-OPEC partecipino con ulteriori tagli.
Quindi, l’OPEC ha deciso di aspettare la sessione OPEC+ prima di emettere un comunicato ufficiale. Tuttavia, questa decisione ha alimentato i timori che le fratture interne si stiano aggravando fra i membri dell’OPEC, con la possibilità  di arrivare a una conclusione senza accordi.
Per ora, lo scenario più probabile è che l’OPEC tagli circa 1 mln b/g, con Venezuela, Iran e Libia probabilmente esentati da riduzioni di produzione. Agli alleati non OPEC verrebbe richiesto di tagliare circa 0,3-0,4 mln b/g, probabilmente in modo lento e graduale, per via dei vincoli tecnici relativi ai flussi delle aree petrolifere in Siberia durante l’inverno.
Un taglio cumulativo di circa 1,3-1,4 mln b/g, insieme a quello già  annunciato dal Canada, sarebbe molto positivo per un aumento del prezzo sui mercati globali del petrolio.

STATI UNITI – A dieci giorni dalla prossima riunione del FOMC, i molti discorsi dalla Fed sono stati radiografati dal mercato alla ricerca di indicazioni sul sentiero dei tassi nel 2019.
I molti commenti dalla Fed delle ultime settimane confermano che la banca centrale si prepara a un radicale cambiamento nella comunicazione a partire dal 2019. La riunione di dicembre potrebbe essere lo spartiacque fra una fase di aspettative guidate a una di navigazione a vista. Da quando è iniziata la serie dei rialzi in questo ciclo, la Fed sta cercando di evitare gli errori del passato: se il FOMC vuole, come appare evidente, diventare meno prevedibile, è possibile che già  a dicembre elimini o modifichi il riferimento agli “ulteriori graduali rialzi” per segnalare che non c’è più una cadenza regolare per gli interventi.
Il problema del presidente Powell sarà evitare che il mercato interpreti come un cambiamento di scenario quello che invece è un cambiamento di fase della politica monetaria. La Fed di Powell sta infatti cercando una strada diversa: eccessi di cautela nei cicli passati hanno portato a instabilità  finanziaria, seguita da recessioni, come ha notato Powell qualche giorno fa.
Williams (NY Fed) ha ribadito che il quadro dell’economia USA è positivo, con la crescita solida e l’inflazione bassa: l’obiettivo principale della Fed sarebbe quindi di ottenere ora un “atterraggio morbido”, proseguendo con ulteriori graduali rialzi nel 2019.
Bostic (Atlanta Fed), ha detto che i tassi sono “a un passo“(“within shouting distance”) dalla neutralità  e che a suo avviso “la neutralità  è dove vogliamo essere”. Egli non vede “chiari segni di surriscaldamento né (…) indicazioni di evidente indebolimento dei dati macroeconomici al momento”.
Il presidente dell’Atlanta Fed aveva affermato che a suo avviso non sarebbe stato appropriato alzare i tassi a dicembre perché la presenza di rischi sia verso l’alto sia verso il basso richiede una politica monetaria cauta e dipendente dai dati.
Kaplan (Dallas Fed) ha detto che con il procedere della normalizzazione dei tassi si asterrà  sempre di più dal dare indicazioni sul sentiero futuro della politica monetaria e diventerà  sempre più “vigile”  sull’evoluzione dell’economia, avendo la Fed “il lusso della pazienza”. Tuttavia, nei mesi scorsi aveva detto che a suo avviso sarebbe stato appropriato attuare tre rialzi nel 2019, ma ieri ha sottolineato l’ampia incertezza dello scenario e la necessità di ridurre l’orizzonte su cui fare previsioni.

 

L’indice del dollaro è sceso dello 0,2% sulla scia di un nuovo brusco calo dei listini azionari, ieri, innescato dall’arresto di un alto dirigente di Huawei in Canada e dalle implicazioni di ciò sui negoziati USA-Cina.

Contro euro il biglietto verde è rimasto poco variato in attesa della riunione della Fed della prossima settimana. I deludenti dati di produzione industriale di Germania manterranno debole l’euro aggiungendo nuovi elementi dai quali è scaturita nelle ultime settimane una revisione al ribasso delle attese di rialzo dei tassi BCE a fine 2019.

La sterlina ha marginalmente recuperato lo 0,2% sul dollaro a 1,2771, sempre nell’attesa del voto dell’11 dicembre. Contro euro è rimasta stabile 0,8904.

Lo yen ha tratto beneficio dall’avversione al rischio innescatasi in questi giorni, guadagnando lo 0,4% su dollaro e portandosi sotto il livello 113,00, scambia ora a 112,79.

Anche il CHF ha guadagnato terreno, scendendo sotto quota 1,13 contro euro.

In Canada l’employment report di novembre difficilmente darà  supporto al CAD dopo la riunione di Bank of Canada meno aggressiva delle attese e l’impatto sulle valute delle tensioni sul prezzo del petrolio.

 

MARKET MOVERs:

Oggi si tiene la riunione dell’OPEC allargata alla Russia e novità  sono ancora possibili, dopo che la comunicazione uscita dalla prima giornata della riunione di ieri è stata interpretata forse come un segnale che manca l’intesa per implementare tagli abbastanza ampi della produzione

Nell’Area Euro, la stima sulla crescita del PIL potrebbe confermare il rallentamento dell’economia nei mesi estivi.
Il dettaglio dovrebbe mostrare un contributo negativo dell’export solo in parte compensato dalla tenuta di investimenti aziendali e consumi delle famiglie.

In Francia, c’è attesa per i dati sulla produzione industriale a ottobre, con il comparto manifatturiero che potrebbe dare segnali di risalita nel mese anche se le indagini di fiducia non erano state troppo incoraggianti sul livello dell’attività  attesa.
In generale, il comparto manifatturiero francese sta nettamente invertendo il trend espansivo da dopo l’estate, ma non è ancora chiaro se si tratta di un fenomeno transitorio o meno. Tuttavia il contributo del settore energetico dovrebbe essere moderatamente negativo.

Oggi, negli Stati Uniti si attende l’employment report per il mese di novembre: la dinamica occupazionale per settore dovrebbe mantenersi omogeneamente positiva, con incrementi nel manifatturiero, nelle costruzioni e nei servizi, e una possibile accelerazione nel commercio al dettaglio.
Il tasso di disoccupazione dovrebbe essere confermato a 3,7% per il terzo mese consecutivo, sul minimo da dicembre 1969, con ben 8 decimi al di sotto del livello di più lungo termine stimato dal FOMC.
Con un possibile tasso di partecipazione ancora stabile a 62,9%, la previsione del FOMC di un tasso di disoccupazione a 3,5% a fine 2019 sarebbe soddisfatta: il focus della Fed nei prossimi trimestri sarà  valutare gli eventuali rischi, perché una “minor forza” dei nuovi occupati sarebbe vista in modo positivo dalla Banca centrale.